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La scuola è privata, ma i soldi sono pubblici PDF Stampa E-mail
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Scritto da Carlo Patatu   
Martedì 13 Gennaio 2009 23:13
La questione posta da Damiano Nieddu è di quelle che hanno fatto scorrere fiumi d’inchiostro. E non hanno mancato di mettere in ambasce più di un governo, nel corso della nostra storia repubblicana.
“Perché negare il finanziamento statale alle scuole private?”, si chiede il nostro interlocutore. Che, prima di concludere, ci dà anche una sua interpretazione: “Perché è probabile – prosegue – che in Italia i sostenitori della scuola pubblica siano pervasi da laicismo e anticlericalismo anticattolico”.

Non è così, caro amico Damiano. Noi ci riteniamo laici nell’accezione migliore del termine; ma non ce l’abbiamo contro i cattolici. Né contro le loro scuole private. Molte delle quali, grazie alla riforma del ‘comunista’ Berlinguer, oggi sono “paritarie”. E cioè giuridicamente uguali alle statali. Proprio in attuazione dei primi due commi del richiamato articolo 33 della nostra Carta costituzionale.

Pertanto, chi lo desidera, in Italia è libero di aprire scuole. Ovviamente nel rispetto delle norme generali codificate nelle leggi dello Stato. Ma, Tore Patatu lo ha sottolineato molto bene, chi vuol farsi una scuola tutta sua se la deve anche pagare. Non per bieco laicismo o vieto anticlericalismo; ma perché così impone, in termini prescrittivi e non programmatici, il 3. comma del citato articolo 33. “Senza oneri per lo Stato”, dunque. Più chiari di così!

Tutto ciò è giusto? Noi diciamo di si. Ma se ne può discutere. Come pure si può discutere sull’opportunità di tenere in piedi quella norma. Che non è il Vangelo. Ma, fintanto che c’è, va rispettata. “Dura lex, sed lex!”.

Il guaio è che, permanendo nel nostro DNA il residuo robusto di uno “spirito fiorentino” (ma anche “levantino”), noi italiani siamo propensi ad aggirare in silenzio un ostacolo, piuttosto che ad abbatterlo con un po’ di chiasso. E così, caro Damiano, il 3. comma dell’articolo 33, di fatto, lo abbiamo gettato alle ortiche. Sta ancora lì, è vero; ma non ne cale niente ad alcuno. O quasi. Col passare del tempo, maggioranze e opposizioni di turno hanno varato provvedimenti bipartisan che lo aggirano. Non elegantemente, ma con efficacia. Ecco perché non c’è scuola privata (paritaria o no, cattolica o laica) cui non giunga puntuale l’invocato e sostanzioso assegno statale.

Di che ti lamenti, dunque, caro amico? In fin dei conti, le cose già stanno proprio come tu vuoi e noi no. A noi, educati all’antica, resta il rammarico di vivere in un Paese dove chi guida il vapore mostra maggiore impegno nell’escogitare furbate che nell’applicare la norma. Che, se non piace, va modificata, non aggirata. Men che mai con atti furbeschi.

Che ne dite?
Ultimo aggiornamento Martedì 13 Gennaio 2009 23:22
 

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