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Alcuni lasciti di donna Lucia Tedde Delitala PDF Stampa E-mail
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Martedì 05 Maggio 2020 14:21

La generosità, non disinteressata, della nobildonna nulvese-chiaramontese attestata da un documento conservato presso l’Archivio Diocesano di Sassari

di Angelino Tedde

I

l Coronavirus ha impedito a molti "l'ingaglioffamento" a S'Istradone, dove da una parte, quella circolare, tiene banco il Tribunale della Pubblica Charra, Sezione Civile, mentre dall'altra parte siede un più ristretto Tribunale della  Pubblica Charra, Sezione Penale.

Allora i nostri compaesani si son dati alla ricerca storica, chi in ritiro nei suoi poderi, chi, invece, nelle sue pubbliche spelonche scrivendo incredibili monografie su Chiaramonti e i nostri personaggi. I Pensionati, invece, quelli aristocratici, continuano a fare storia popolare, orecchiando, leggiucchiando e frugando virtualmente negli archivi alla ricerca della nobile storia dei nostri antenati della Sardegna Sabauda del primo Settecento.

Passando nei pressi del Cimitero, un bulione prima e un tribizone poi hanno fatto volare tre pabiros che, raccolti e forse perduti da un'anima purgante passando dal Purgatorio in Paradiso, ha voluto lasciar segni della sua memoria. Eccoli, trascritti alla lettera, vi mostriamo i tre foglietti per offrivi pane per le prossime chiacchiere nei citati Tribunali della Pubblica Charra!

I tre raccoglitori Angelino Tedde, Andreina Cascioni, Giovanni Soro.

---

"Lascio jure legati all’Oratorio di Santa Croce di Chiaramonti venti scudi, compresa in essa somma il dritto di accompagnamento del mio cadavere, il che voglio che serva in benefizio di detto oratorio.

Lascio all’Oratorio di Santissimo Rosario di Chiaramonti cento venti scudi, perché si abbiano da fincare [produrre interessi] e dal prodotto dei medesimi si debbano fare le due feste della Santissima Vergine nel mese di ottobre e nel maggio l’altra detta delle Rose con assistenza dell’apparato, e cento lumi, e ciò che sopravvanzerà all’altro per il Paneggirico, e nel caso che ciò non si eseguisca dalla confraternita lo incarico ai miei curatori perché essi lo facciano a loro piacimento, onde si eseguisca quanto ho ordinato per essa, cioè la mia volontà e ciò in perpetuum.

Lascio al convento dei Padri Carmelitani di Chiaramonti centoventi scudi perché debbano fincarsi [produrre interessi], e il loro prodotto si debba fare la festa della Santissima Vergine del Carmelo nel giorno proprio e nello stesso convento con cento candele e quattro torce e panegirico per questa mia espressa volontà.

Lascio alla Chiesa di San Matteo parrocchiale di Chiaramonti [quella del Monte] cinquanta scudi per benefizio della medesima chiesa.

Lascio alla Chiesa rurale di San Giovanni di Chiaramonti dieci scudi.

Lascio alla chiesa rurale di Santa Giusta di Chiaramonti detta volgarmente di Nuraghe Longu, il pezzo della terra denominata del Monte Piscamu della capacità a seminario di cinque  rasieri [mezzo ettaro circa].

Lascio alla Chiesa Rurale di Santa Maria de Aidos di Chiaramonti il pezzo della terra detta “Sa Argiola de Sa Codina” che era del fu Francesco Falchi e il pezzo della terra detta “De Minchioroni” che era bene dello stesso defunto Falchi.

Lascio alla Chiesa di Santa Giusta de Sabba [S'Aba] di Chiaramonti venticinque scudi  in benefizio della stessa chiesa.

Lascio alla Chiesa rurale di San Sisto, che si trova incorporata dentro la tanca che possiedo perché abbiano da fincarsi e dei frutti di essi si faccia la festa con assistenza del parroco e venticinque lumi e se sopravvanzasse qualche cosa debba impiegarsi in benefizio della stessa chiesa posta nei territori di Chiaramonti.

Lascio jure legati alla Chiesa rurale di San Michele Arcangelo, la somma di venti scudi sita in territori di Chiaramonti.

Lascio al Collegio delle Scuole Pie della città di Sassari cento scudi per celebrarmeli in tante messe recitate per Dio ed il suffraggio dell’anima mia.

Lascio al convento della Vergine del Carmine della detta città di Sassari, cento scudi per celebrarmisi in tante messe annuali.

Lascio centoventi scudi di proprietà per doverli reinvestire e dal prodotto di essi debba celebrarsi nel lunedì di ogni rispettiva settimana una messa cantata a ragione di due reali cadauna nella Chiesa del Carmine di Chiaramonti in suffraggio delle anime di Chiaramonti e non celebrandosi dagli stessi MM. PP. [Molto Reverendi Padri]. I miei infrascritti curatori ai quali do la facoltà la facciano celebrare nella detta chiesa di  Chiaramonti.

Lascio al mio cugino Don Andrea Satta Tedde li due palazzi che tengo nella città di Sassari perché durante la di lui vita naturale sia padrone dei frutti di essi a seguito il suo decesso i miei curatori debbano fondare una messa quotidiana in quanto basterà il prodotto di essi e detta messa la celebri quel sacerdote che sarà di piacimento degli stessi miei curatori.

Lascio il mio abito di broccato rosso di seta perché da esso si facciano due pianete una per l’Oratorio del Rosario e l’altra per la Chiesa di San Matteo.

Lascio a Caterina Pintus le case nelle quali abita che si compongono di tre camere, con l’obbligo di far celebrare ogni anno cinque messe basse in suffraggio delle anime di Filippo Tedde e di Caterina Pisanu in perpetuum.

Voglio che in seguito il mio decesso mi si celebri ogni anno nel giorno che accaderà la  mia morte, e nella cappella di Sant’Antonio per cui oggetto lascio un censo di proprietà cento lire e pensione annua di lire otto, dalle quali si dovrà pagare la detta Messa ed il rimanente in tanta cera, rimanendo la stessa cera a pro del detto convento e tutto questo lo lascio a piacimento dei miei curatori per Dio e in suffraggio dell’anima mia.

Voglio ed è mia espressa volontà che si abbia da fondare una Messa recitata quotidiana sopra tutte le terre nella Viddazzoni de Sambingios. Santa Giusta de Sambingios, su Istaraque in Badu Orta Rabanellu incorporandosi il pezzo de Mattariga dell'altra Viddazzoni, ed il rimanente che mancherà per il conseguimento del fondo di detta Messa e frutti.

Lascio la somma di centoventi scudi che mi resta dovendo[mi] la mia sorella Donna Angela Tedde ed altri cento scudi che tengo in casa e nel caso non si trovasse la tal partita di denaro che debbano prelevarli dai miei dipiù beni i miei infrascritti curatori”.

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Questo parziale testamento della nobildonna Lucia Tedde [Delitala] fa parte del testamento più esteso che ella dettò il 3 febbraio del 1755 a rogito del notaio Vacca Guiso probabilmente di Sassari.

Perché Lucia Tedde?

I Piemontesi avevano imposto sicuramente ormai l'uso di un solo cognome. Può anche darsi, tuttavia, che la stessa nobildonna, vista la dispersione che il Rivarolo, per mezzo del suo incorruttibile e feroce Commissario Cadello, fece dei Delitala di Nulvi, preferì abbandonare il cognome Delitala per non attirare su di sé l'attenzione dello stesso dal momento che era giù stata condannata dal precedente viceré marchese di Castagnole e di Barolo.

Tra i Delitala, quelli che ebbero la massima punizione, cioè la pena di morte, furono don Giovanni Delitala Pintus e don Michele Delitala. Entrambi, dopo un periodo di detenzione presso il Castello di Ceva furono trasferiti al Castello d'Ivrea da cui chiesero invano clemenza e ivi morirono dopo aver ottenuto la commutazione della pena di morte. Gli altri fuggiti in Corsica o in Spagna o esiliati in varie città dell'Isola, lontane da Nulvi e dai centri dell'Anglona, luogo dei loro reati.

Questo documento, che avremo modo di illustrare come si conviene, lo pubblichiamo poiché rientra nella scelta da noi fatta di mettere a disposizione di chi lo desideri quanto riusciamo a rintracciare negli archivi e non certo per "bruciare" chi tiene in cassaforte i documenti rintracciati.

Ringraziamo a riguardo il prof. mons. Giancarlo Zichi, fondatore e direttore dell'archivio diocesano di Sassari.

Ultimo aggiornamento Venerdì 08 Maggio 2020 11:57
 
Commenti (1)
1755: legato donna Lughìa.
1 Martedì 05 Maggio 2020 23:13
Claudio Coda

Chissà quanti e quali documenti, nella cassaforte di qualche appassionato, si possono leggere. Immagino pure ci sia un po' di fantasia, nel formulare ipotesi. Il rogante Vacca-Guiso di nome faceva Joannes, si potrebbe ritenere avesse rapporti intensi, quasi di familiarità, con la nobile Lughìa, per ragioni diverse dal ruolo professionale.


Il documento/legato, in argomento, è del 16 (non 3) febbraio 1755 ed è presente, in copia, presso l'Archivio Storico Diocesano turritano, di facile visione al richiedente, dopo, ovviamente, essersi tesserato. Ma posso garantire che, al momento in cui scrivo, oltre a questi “tres pabìros”, in Diocesi, non si va oltre. Ovviamente riferibili a notizie testamentarie di Lughìa.


Ps: il logo del timbro notarile, del rogante: 4 cerchi con all'interno una vacca, lànza cadìda e voltata a sinistra, con in groppa un vessillo sventolante a destra.


Buon lavoro !

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