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Pavia ricorda Sebastiano Satta nel centenario della morte PDF Stampa E-mail
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Domenica 15 Dicembre 2013 00:00

di Paolo Pulina

Nel 2014 ricorre il centenario della morte di Sebastiano Satta (Nuoro, 21 maggio 1867 – 29 novembre 1914), il cui valore di intellettuale socialmente impegnato poeta (anche in sardo), avvocato, giornalista non è stato oggetto di particolare attenzione presso i Circoli degli emigrati sardi.

Dall’archivio storico del “Messaggero Sardo” risulta che lo ha ricordato, nel 2005, con una relazione del critico letterario Giovanni Mameli, solo il Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia, presieduto allora e oggi da Gesuino Piga.

http://www.regione.sardegna.it/messaggero/2005_dicembre_27.pdf

La FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia) ha invitato i Circoli degli emigrati (non solo quindi quelli che al grande poeta nuorese sono intitolati nell’ Italia continentale: Verona e Gallarate; aggiungiamo, en passant, che uno gli è intestato anche in Svizzera, quello di Goldach) ad organizzare nel prossimo anno iniziative di commemorazione dell’aedo sardo, la cui fama non fu ristretta ai confini dell’isola ma si era allargata al “continente”.

Le raccolte più importanti dei suoi versi, i “Canti barbaricini” del 1910, e i “Canti del Salto e della Tanca”, pubblicati postumi nel 1924, sono stati ristampati diverse volte dalle Edizioni Mondadori nella prestigiosa collana “Lo Specchio. I poeti del nostro tempo” con il semplice titolo “Canti” e con una mirabile introduzione di Mario Ciusa Romagna.

Il Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia ha voluto dare il via alla serie di queste conferenze celebrative chiamando come relatore, nel pomeriggio di sabato 7 dicembre 2013, Bruno Rombi.

Rombi, nato nel 1931 a Calasetta (Cagliari), vive a Genova, dove svolge intensa attività artistica come poeta (le sue poesie sono tradotte nelle più importanti lingue europee), scrittore, critico letterario e pittore.

Dalle informazioni reperibili nelle banche dati bibliografici on line, Rombi risulta autore del volume “Sebastiano Satta: vita e opere” (Genova, Sabatelli, 1983) e del saggio “Il fantasma della morte nei ‘Canti barbaricini’ di Sebastiano Satta” (1984).

Si tratta di studi di 30 anni fa ma Rombi, come ha precisato a Pavia, è ritornato negli ultimi anni ad occuparsi di Sebastiano Satta: nell’ottobre 2011, al convegno “Letteratura e sentimento nazionale” celebrativo di Francesco De Sanctis (tenuto a Morra, sua città natale), ha presentato un contributo dal titolo “Il sentimento risorgimentale sardo nella poesia di Sebastiano Satta” ed ha provveduto ad ampliare e ad aggiornare la sua monografia sattiana del 1983, la cui uscita in seconda edizione avverrà nel 2014.

Rombi ha ricostruito la biografia di Satta: orfano del padre a cinque anni; scuole dell’obbligo a Nuoro; liceo a Sassari; servizio militare a Bologna (dove sviluppò una grande passione per la figura e la poesia di Giosuè Carducci); rientro a Nuoro; a Sassari frequenza del corso di Laurea in Legge e prolifica attività giornalistica; adesione al movimento socialista; scrive poesie che esprimono “il senso di ribellione alle ingiustizie umane”.

Tornato a Nuoro da laureato, “vi ritrova la madre, gli amici e i poeti de su connottu”; schierato dalla parte dei più deboli, comincia la sua carriera di avvocato che lo qualificherà come “penalista principe dell’Isola”; nel 1905 sposa Clorinda Patuzzi; nel 1906 nasce la figlia Biblina, che muore però l’anno dopo; “le poesie di questo periodo portano il segno inconfondibile d’un dramma familiare che ha trasceso il privato”.

Nel 1908 Satta viene colpito da una paralisi alla parte destra del corpo; lo conforta la nascita nello stesso anno del figlio Vindice; Satta muore nel 1914 a soli 47 anni d’età, “senza aver potuto limare i suoi ultimi versi (‘Canti del Salto e della Tanca’)”.

Secondo Rombi, “Satta oggi è da leggere non certamente con la pregiudiziale che si tratta di un poeta carducciano (perché l’impeto della sua vis oratoria è tipicamente isolano) ma cogliendo tutti i postulati delle prospettive future che i suoi versi auspicano e suggeriscono, con una revisione dei motivi politici che affrontano perché molti dei problemi, di cui Satta si augurava la risoluzione, sono ancora oggi attuali. E perché dei temi del Risorgimento, di cui Satta parla, molti, in Sardegna, non sono stati presi in considerazione dallo Stato unitario e il pianto delle Madri di Barbagia, che il poeta auspicava finisse, ancora oggi è quotidiano”.

Nel saggio sul “sentimento risorgimentale sardo ” in Sebastiano Satta, Rombi ha ricordato che nei versi del “più grande poeta ottocentesco della Sardegna” si ritrovano odi a grandi personaggi-simbolo della storia isolana: Giovanni Maria Angioy; Francesco Ignazio Mannu, autore dell’inno contro i feudatari; il “combattivo parlamentare” Giorgio Asproni; Giuseppe Garibaldi; la madre del sindacalista Giuseppe Cavallero; i minatori trucidati a Buggerru.

Chiudo con tre notazioni.

1) Anche Filippo Tommaso Marinetti, “padre del futurismo”, si è occupato di Sebastiano Satta, precisamente in uno scritto del 1937 reperibile nel volume “Celebrazioni Sarde, 2-27 ottobre 1937, XV ” a cura della Confederazione Fascista dei Professionisti e degli Artisti e Sezione di Cagliari dell’Istituto di Cultura Fascista, Urbino, Regio Istituto d’arte per la decorazione e l’illustrazione del libro, 1938, pp. 389-397 (le righe conclusive del laudativo discorso critico di Marinetti inneggiano a Mussolini e al fascismo: il fondatore del futurismo dimentica che Satta si era distinto per i suoi orientamenti socialisti, per l’interesse alle lotte per il progresso sociale rivolta contro l’eccidio dei minatori a Buggerru nel 1904 e per la difesa dei diritti dei diseredati).

2) Lo scrittore Marcello Fois, anche lui nuorese, ha fatto rivivere l’avvocato Sebastiano Satta, profondo conoscitore dell’anima del popolo della Barbagia, come detective “seriale” in alcuni suoi romanzi (a partire da “Sempre caro”, del 1998) di ambientazione barbaricina.

3) Sebastiano Satta è figura storica e poetica degna di approfondimenti conoscitivi: si colga almeno l’occasione della ricorrenza del centenario della morte per fare conti non superficiali con il suo lascito spirituale in una prospettiva di confronto-integrazione con quello che ci ha dato in eredità la coetanea, compaesana e sodale Grazia Deledda.

Ultimo aggiornamento Sabato 14 Dicembre 2013 18:01
 

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