Immagini del paese
Statistiche
Tot. visite contenuti : 11349523Notizie del giorno
Resòlzas e lèppas a Funtanàzza |
![]() |
![]() |
![]() |
Domenica 30 Giugno 2013 00:00 |
di Claudio Coda
Qualche giorno fa, nella piacevole località de sa Funtanàzza, si è svolta una rassegna de su tusónzu. A seguire, l'informazione per l'impiego de sa làna 'arveghina pro la tìnghere, gràminare, filàre, ordìre e tèssere.
Il tutto nell'ambito delle iniziative proposte dall'Associazione culturale “l'Arte di Angelo”, inteso
Ha colto, da subito, la mia attenzione il banco dei coltelli, creazioni artigianali di Bruno Mei, un Benvenuto Cellini coltellinaio a Chiaramonti.
Vederle insieme, resòlzas e lèppas, ma anche una sola, a dire il vero recano inquietudine. Sempre oggetti appuntiti sono. Ma le fattezze, vere opere d'arte, attirano l'interesse del visitatore che ne premia la genialità e pressoché a lavorazioni dei più famosi pattadesi Pudda,
L'estro e la creatività di Bruno nel trattare il corno per il manico di un coltello, che sia di montone e capra poco importa, o forse anche di muflone, sono gioiellini da collezione. Creazioni uniche. Così pure per i manici in radica o avorio. La materia viene usata con facilità come se fosse plasmabile. Molto belle sas resòlzas a màniga 'e córru, dove l'artista ricorre a tutto il suo estro geniale. Immagino premiato.
A questo proposito, ricordo che Francesco Cossiga, il defunto Presidente, si vantava e ne andava fiero, di portarne una sempre in tasca. Per la verità, credo nessuno gli abbia frugato dentro.
Su bróttsu (coltello piegato all'orientale), a lametta (gallurese e adatta per la lavorazione del sughero), s'arburesa (panciuta e adatta per spellare), sa còrrina (antenata della pattadese), sa guspinesa (senza punta), castrina (lama corta e appuntita). L'uso di quest'ultima è chiaro.
Tutte insieme una preziosa rassegna.
Seguire la lavorazione non è semplice, soprattutto perché condotta a tempi, quelli necessari per ottenere il prodotto finito. A grandi linee ho capito il procedimento del manufatto. Intanto il corno dev'essere invecchiato e presa la parte superiore, si riscalda per renderlo duttile e poi stretto da una morsa fra due metalli. Questo per realizzare un manico dritto.
Nel contempo si rende rovente l'acciaio per la lama ad una determinata temperatura, quella giusta, altrimenti il metallo perderebbe le sue caratteristiche di lega, e viene forgiato a seconda della forma desiderata e raffreddato nell'acqua.
In un libro, del 1790, che possiedo (“Padre di Famiglia ”, dell'avvocato Jacopo Antonio Albertazzi del Borgo di Vogogna
Importante anche l'uso del carbone per la forgia: indicato, preferibilmente, quello di castagno o faggio. A questo punto avviene la tempratura della lama nella fucina sino a che il metallo prenda colore: giallo, se la temperatura è sui 210°, giallo-oro a 240°, rosso a 280° e azzurro sui 300°. La massima durezza corrisponde al giallo, invece con i 300° si ottiene la dolcezza del metallo.
Di seguito viene immerso in olio. Quale ? Va benissimo l'olio d'oliva, per
Ma l'arnese non è finito. Manca l'arco in metallo dove snoda la lama, il collarino di ottone, i chiodi ribattuti e il cesello del logo impresso nella lama, dove è presente la rocca di San Matteo e, come per incanto, l'opera d'arte è finita.
Le insolite capacità manuali e stilistiche di Bruno sono pronte per una mostra.
Le foto sono dell'autore, che ringraziamo. |
Ultimo aggiornamento Sabato 29 Giugno 2013 14:24 |