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Un comizio passato alla storia PDF Stampa E-mail
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Mercoledì 20 Giugno 2012 19:29

Fra le campagne elettorali d’altri tempi, quella delle comunali 1956 si svolse in modo del tutto originale. Fuori da ogni schema
di Carlo Patatu        

A proposito di elezioni, mi è tornata alla mente una vicenda curiosa accaduta nel 1956.

In quell’anno si tenne una consultazione amministrativa fuori dall’ordinario. E non solo perché portò sullo scranno del sindaco il cav. Nino Brandano, galantuomo d’altri tempi che, fra l’altro, pagava di tasca propria persino le matite che usava in Comune. Ma anche per quel che accadde nel corso di quella campagna elettorale. Accesa e sofferta come mai era accaduto prima.

Almeno un privilegio la mia condizione anagrafica me lo concede. Ed è quello di avere vissuto di persona le vicende legate alle consultazioni amministrative dalla fine della guerra a oggi. Nel ’56, anno della grande nevicata, avevo vent’anni. Ed essendo minore non potevo votare.


Ebbene, nella primavera di quell’anno, giunta a scadenza l’amministrazione Fumera (1), per il rinnovo del consiglio comunale scesero in campo tre liste:
* 1 - Democrazia Cristiana, capeggiata dall’insegnante Pasquale Brau, più noto come Su Mastru.
* 2 - Nuraghe, capeggiata dal possidente dott. Giuseppe Lei noto Peppe.
* 3 - Indipendenti, guidata dal cav. Nino Brandano, maresciallo dei Carabinieri in pensione.

La prima raccolse 422 voti e piazzò 5 consiglieri. La seconda di voti ne ebbe 137 e non riuscì a far eleggere nemmeno uno dei candidati. La terza conquistò la maggioranza con 475 suffragi e 10 consiglieri. Il cav. Brandano fu, per i quattro anni successivi, il nostro primo cittadino. Esemplare.


C’è da dire che, a quel tempo, i comizi erano seguiti da una marea di gente. La televisione muoveva i primi passi e il giornale era ancora un prodotto di élite. I candidati dei tre schieramenti non si risparmiarono frecciate e colpi bassi. Insomma, per chi assisteva a quei discorsi era una vera goduria.


Ciascuna lista comunicava da una tribuna diversa. Che poi era una finestra che affacciava sulla piazza. I democristiani arringavano la folla dal palazzo Sini-Busellu, di fronte alla chiesa. Gli Indipendenti lo facevano by Deal Top" style="border: none !important; display: inline-block !important; text-indent: 0px !important; float: none !important; font-weight: bold !important; height: auto !important; margin: 0px !important; min-height: 0px !important; min-width: 0px !important; padding: 0px !important; text-transform: uppercase !important; text-decoration: underline !important; vertical-align: baseline !important; width: auto !important; background: transparent !important;">da casa Accorrà-Ruiu, ugualmente in Carrela ‘e Cheja. Quelli del Nuraghe parlavano dal balcone di Frazischittu ‘Udrone, a S’Istradone (piazza Repubblica).

Si presentarono più volte a quei balconi i candidati delle tre liste. Per dire la loro e chiedere il consenso dei chiaramontesi. Fin qui tutto normale. Era più che logico aspettarsi che aspiranti amministratori si adoperassero per convincere gli elettori a votarli. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che, in aggiunta a costoro, sarebbe sceso in campo qualcuno che candidato non era. E che pertanto non aveva programmi da esporre, né voti da chiedere.


Ecco perché fu accolto con grande sorpresa e curiosità notevole l’annuncio del banditore pubblico che invitava la cittadinanza a Carrela ‘e Cheja per il comizio che avrebbe tenuto Lucio Cossu.


Lucio Cossu? Non risultava che fosse in lista. Dunque, che c’entrava?


Ufficialmente non schierato, costui aveva allora 31 anni e seguiva svogliatamente il corso di laurea in medicina. Tant’è che lascerà subito dopo per iscriversi a giurisprudenza. Tutti ci chiedevamo la ragione di quella discesa in campo insolita. E perché mai Lucio volesse intromettersi in una battaglia che non lo riguardava personalmente. E che di per sé procedeva già al calor bianco.


Il Cossu era un giovane brillante, di carattere estroverso, allegro e dotato di quel tanto di humor che lo rendeva simpatico in compagnia. Un amicone che si faceva perdonare più d’uno scherzo condotto all’insegna di certo spirito goliardico che non lo abbandonerà per il resto della vita.


Ebbene, quella sera, in Carrela ‘e Cheja gremita come non mai, l’improvvisato comiziante si affacciò alla finestra di Faricheddu Accorrà, che abitava là dove ora c’è la gioielleria. Fin dall’incipit si capì che l’oratore si era proposto di fare una cosa sola: mettere alla berlina i candidati delle tre liste. Senza sconti per nessuno. Segnatamente per quelli più in vista. Il tema prescelto, disse con tono solenne, era "la maschera e il volto". In breve, ciò che a Chiaramonti si diceva in pubblico dei candidati e ciò che invece di ciascuno di essi la gente pensava in privato. Nel proprio intimo. Al riparo da orecchie indiscrete.


A farne le spese furono soprattutto i democristiani Pasquale Brau e Gerolamo Casu. E con loro il giovane Andrea Solinas, laureando in agraria. Fra quelli del Nuraghe, il bersaglio prediletto fu il capolista Peppe Lei, un possidente laureato in Veterinaria. Degli Indipendenti furono crocifissi i due marescialli: il capolista Brandano e il collega Francesco Accorrà. Quest’ultimo, a cose fatte, sarà vicesindaco.


Di tutti costoro, sosteneva Lucio Cossu con parlar forbito e aria ispirata, la gente diceva peste e corna, sottolineandone i difetti e accusandoli di volere conquistare il Comune per conseguire presunti vantaggi, tanto disdicevoli quanto strampalati, fantasiosi e del tutto fuori da ogni ragionevolezza. Ma, subito dopo avere esposto ciò che, secondo lui, i chiaramontesi pensavano in privato dei candidati, l’oratore saltava il fosso e si sperticava in lodi inimmaginabili nei confronti di quelle stesse persone che aveva irriso pochi minuti prima. Il tutto condito con intercalari in lingua sarda, piccanti quanto irripetibili.


Insomma, una sorta di commedia dell’arte che, grazie alle impreviste doti oratorie di quel comiziante originale, ebbe a deliziare il pubblico accorso in piazza ad ascoltarlo. E che lo gratificava di risate rumorose seguite da applausi ripetuti e scroscianti.


Ovviamente la cosa non fu accolta bene da tutti. Per cui, subito dopo, si spalancarono via via altre finestre per dar fiato a risposte piccate, non sempre in linea col tono scherzoso (ma poi non tanto) che Cossu aveva volutamente scelto per quella serata fuori programma.


E così assistemmo a un susseguirsi di repliche e controrepliche. Sia dall’una che dall’altra parte. Il pubblico, che non voleva perdersi nemmeno una virgola di quel dibattito stravagante, per quanto inutile e improduttivo, nel corso della medesima serata si spostava da Carrela ‘e Cheja, dove si affacciavano le tribune dei democristiani e degli indipendenti, a S’Istradone. Per ascoltare la controreplica del dottor Peppe Lei.


Nel corso di quel contraddittorio inusuale (con la folla che andava su e giù da una piazza all’altra), a un certo punto qualcuno dei replicanti, cui facevano difetto la verve e l’humor dell’oratore che aveva introdotto quella variante scherzosa nella competizione elettorale, la fece fuori dal vaso. Si lasciò scappare qualche frase di troppo. Volarono per aria considerazioni piuttosto malevole con richiami a fatti e personaggi sepolti da un pezzo. Dando così la stura a una sorta di reazione che, dato il clima della serata, pareva montare oltre il previsto e il dovuto. In breve, le cose si mettevano male. Qualcuno pensava già di porre mano al fucile...


Alla fine prevalse la ragionevolezza e il tutto si concluse con una bevuta generale. A far pace e prendere le cose per quello che erano: una parentesi scherzosa all’interno di un gioco serio. Niente di più.


Ma i chiaramontesi, si sa, per abitudine antica e consolidata sanno fare anche pace. E berci sopra. Ma non dimenticano. Pertanto le cose dette continuarono a restare lì, grosse come macigni. Nessuno si sognò di gettare nel dimenticatoio talune frasi in libera uscita che, nella circostanza, i replicanti si erano scambiate a vicenda. Con tono pure acido.


Ma le votazioni si svolsero regolarmente e senza incidenti. La vittoria pur sofferta degli Indipendenti ci regalò uno fra i sindaci migliori che la nostra Casa comunale ha avuto modo di accogliere. Con grande scorno dei democristiani, che della sconfitta inaspettata e bruciante non riuscivano a farsi una ragione.


Ricordo pure che il cav. Nino Brandano, eletto con 730 voti personali su 1.475 votanti, si dimise polemicamente dalla carica nel Maggio 1960. Prima del tempo e per motivi familiari. Così scrisse in una lettera indirizzata al consiglio. In realtà, dietro le quinte c’era un che di malessere determinato dalla tresca di un consigliere della maggioranza con l’opposizione democristiana. Allo scopo di far fuori proprio il sindaco Brandano. Che, uomo tutto d’un pezzo, mal sopportava giochi di corridoio e congiure di palazzo così care alla partitocrazia (anche allora!). E che invece erano del tutto estranee alla sua cultura di uomo delle istituzioni dotato di alto senso del dovere e spirito di servizio.


Poiché il suo mandato (all’epoca quadriennale) doveva scadere proprio nel mese di Maggio 1960, indignato per quanto un cosiddetto “amico” gli tramava alle spalle, colse la palla al balzo e, manifestando apertamente indignazione e disprezzo per quel che accadeva, inviò al consiglio comunale la lettera di dimissioni. Per motivi di carattere personale e familiare, appunto. Ovviamente in paese, dove tutti conoscevamo i retroscena che avevano provocato la sua pronta reazione, nessuno diede credito alla scusa ufficiale. Ma tant’è.


Alla conseguente riunione dell’assemblea consiliare, convocata d’urgenza per discutere della questione, Brandano scelse di non partecipare. Per lasciare ai consiglieri piena libertà di esprimersi su quanto era successo. Il consiglio, convocato in due sessioni consecutive, non pervenne ad alcuna decisione. In breve, non votò le dimissioni, né procedette alla elezione di un successore.


Si giunse così a una terza seduta. Alla quale Brandano decise inaspettatamente di partecipare. Ancor più indignato per le congetture che, nelle riunioni precedenti e in sua assenza, i consiglieri dell’opposizione avevano fatto sulle sue dimissioni, ricamandoci sopra.


Nella circostanza, chiesi e ottenni di registrare quella riunione. La registrazione (l’ho travasata in un cd che regalerò alla Biblioteca comunale) riguarda l’apertura della terza seduta, presieduta dallo stesso sindaco dimissionario. Il quale volle replicare alle cose che erano state dette nelle due precedenti riunioni e delle quali, evidentemente, i suoi più fidati consiglieri gli avevano riferito ogni particolare.


Il discorso, pronunciato a braccio, ci presenta un Nino Brandano battagliero, arguto e polemico nei confronti degli avversari democristiani. Peccato che la registrazione, da me fatta con mezzi di fortuna e in condizioni molto precarie, non renda giustizia del clima teso della circostanza. I rumori di fondo e la qualità scadente del prodotto disturbano non poco i discorsi del sindaco e di tre dei suoi oppositori: Gerolamo Casu, Andrea Solinas e Pasquale Brau. La riunione non fu da me registrata integralmente perché possedevo una sola bobina di nastro magnetico.


Resta intatta, tuttavia, l’emozione che inevitabilmente si prova nell’ascoltatore quel documento sonoro. Nel risentire, a distanza di oltre cinquant’anni, voci note e familiari di persone ormai scomparse. In conclusione, il consiglio rinnovò la fiducia incondizionata al dimissionario cav. Brandano. Il quale portò a termine il mandato fino alle elezioni successive, tenutesi nell’autunno 1960. Alle quali, nonostante le insistenze dei numerosi estimatori, non volle ricandidarsi.

 

PS: per la curiosità dei lettori, ecco i nomi degli improbabili giocatori di un'altrettanto improbabile squadra di calcio a Chiaramonti, ritratti nella seconda foto. In piedi, da sinistra: Andrea Solinas, uno sconosciuto, Lucio Cossu, Nino Soddu, Mario Budroni e Nino Maccioco; accosciati, sempre da sinistra: Tore Rottigni, Giacomino Coda, Peppino Bajardo e Vincenzo Budroni. Tutti scomparsi, purtroppo.

1 - Il comm. Armando Fumera, industriale del settore caseario, fu Sindaco dal 1952 al 1956.

 

Ultimo aggiornamento Domenica 15 Febbraio 2015 19:24
 
Commenti (1)
Ricordando Lucio Cossu
1 Giovedì 21 Giugno 2012 23:52
Mario Unali

Nell’aneddotica ricchissima di Lucio Cossu ho da parte mia qualcosa che lo riguarda come collega alle scuole medie e di extraprofessionale, in qualche uscita in comune per qualche passeggiata con spuntino.


Lui era simpaticamente l’accentratore, catturava l’attenzione del gruppo con parlare forbito e, tra il serio e il faceto, sosteneva la discussione coinvolgendo uno per uno tutti i presenti. Io ero il più giovane del gruppo e, come tale, svolgevo azione di mediazione e di ambasciatore di messaggi tra lui e le colleghe che, nei primi anni Settanta, numerose furono nominate alla locale scuola media.


La signora Anna, sua moglie, spesso lo redarguiva, ma con un sorriso dolce di chi conosce bene le sue pecore “...incripis de coddos, emmo emmo, ma poi faghes sempre su chi cheres tue. Ista dialu mi’!”.


Questa presente comunque solo per mandarti questa simpatica foto del nostro, ritratto vicino ai ruderi della chiesa de Santu Luisi, ormai scomparsi e a quelli, più maestosi, di San Matteo.


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