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Il nostro passato: Giovanni Fais e i suoi “colleghi” PDF Stampa E-mail
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Lunedì 22 Novembre 2010 20:16

di Giorgio Falchi

Don Giovanni Valentino (tempiese e commissario viceregio, n.d.r.) e quattrocento soldati, sotto la condotta del cavaliere Meyer, marciarono contro di lui (Giovanni Fais, n.d.r.) che andò a porsi nel monte Cucaro di Gallura e nel territorio d’Aggius.

Il Meyer volle avventarglisi di fronte, ma fu respinto con danno e dové ridursi ad un semplice assedio, secondo il consiglio dei capi nazionali. La ciurmaglia stimandosi meglio ch’era, teneva spiegata nel monte una bandiera di colore verde-turchino e sicura della fortezza del sito ballava e faceva concerti. Tra le quali feste seriamente pensava il Fais come sottrarre le sue genti al pericolo, e preso partito in una conferenza coi Delitala, alla notte quinta dacché erano stretti dai nemici, tosto rimosse da quella parte ov’era la schiera dei Ploaghesi, cui domandò di voler passare. E anziché rinvenirli terribili come si erano promessi, li trovò per lo contrario arrendevoli e cortesi, sia che l’ammirazione od il timore avesse nei loro animi operato.

Quindi, sì tosto come poté, navigava in Corsica con la maggior parte dei suoi ed in compagnia dei Delitala, e gli assediatori si rivolsero alle loro case con poco onore.

Ritornato in continente il Valguarnera, desiderando il Fais di rientrare nella famiglia, ma non prima che per alcuni mediatori non inducesse il Tedde (acerrimo nemico del Fais, che gli aveva ucciso un fratello, n.d.r.) nel giuramento di pace, l’ebbe per condizione non si presentasse a lui.

Non visse meglio di prima, e conseguiti con quali mezzi l’affetto ed il favore d’uno degli assessori della reale governazione, l’Aragonez (consigliere di Vittorio Amedeo III, n.d.r.). Accarezzato da lui sempre ch’entrasse in Sassari vestito da cappuccino, come usavano fare questi scellerati barbuti, poté avere certi avvisi di ciò che tentasse il governo contro di lui. Epperò accadde spesso con tutta la sua comitiva si avvicinasse alle porte della città per insultare il governatore.

In fine, dopo infelici tentativi, il governatore Alli Maccarani ottenne per mezzo di due banditi sassaresi ch’erano nella squadriglia di liberare il Logudoro da tanto fastidio. I quali, caduti in sospetto e vedendo imminente la morte, protestarono con le lacrime e spergiuri la propria fede e con tutte le arti ottennero di torre i dubbi dall’animo del temuto loro capo. Bevette il Fais il vino ch’essi avevano portato seco e cadde in profondo sonno, vittima sotto una scure con gli altri che quel liquore faturato aveva offesi (correva l’anno 1779, n.d.r.).

I cadaveri furono trascinati per le vie della città di Sassari, poi divise le membra ed a terrore infisse in più luoghi ed in Chiaramonti d’incontro alla casa del Fais. Nel qual funestissimo caso fu ammirevole la fortezza d’animo della moglie e delle misere figlie.

Purtroppo vi fu un tempo che nella nostra Sardegna il banditismo era tenuto in grande onore, onde i facinorosi ricevevano negli ovili e nei villaggi le migliori accoglienze e l'arricchirsi col prodotto del furto e della rapina era cosa comune a molti. Per cui non deve meravigliare se il prete Leonardo Fais (figlio del noto bandito Giovanni, n.d.r.) con le iniziali del proprio nome e cognome segnasse il bestiame dal padre stato rubato, perocché il frutto non poteva se non essere simile all'albero che l'aveva prodotto.

La nobile famiglia dei Delitala di Nulvi era unita in parentela con donna Lucia Tedde Delitala, che come fu detto, soleva prevalersi del Giovanni Fais per compiere le sue desiderate vendette. Ora, sia perché i Delitala si fossero mai sempre addimostrati avversi al governo regio oppure perché anch'essi d'indole perversa, perciò gli vediamo associati ai componenti la numerosa squadriglia del Fais, in alleanza con la quale commisero furti, rapine e sanguinosi misfatti.

I numerosi delitti commessi dalla squadriglia di banditi capitanata dal famigerato Giovanni Fais, talmente indignò l'animo dei governanti, da escluderlo dall'indulto concesso nel 23 Agosto 1768 agli altri banditi riuniti in squadriglie.

Vi furono tempi nei quali le misere popolazioni dei villaggi della Sardegna non solo erano costernate dai frequenti omicidi che venivano commessi, ma eziandio terrorizzate dall'atrocità delle pene inflitte ai veri e persino ai presunti colpevoli.

Il bandito Giorgio Bazzau era nativo di Chiaramonti e per quanto la sua squadriglia non facesse parte di quella del Fais, pur tuttavia i due malviventi nell'ora del maggior bisogno si prestavano vicendevole aiuto. Il Bazzau poscia, in seguito a grave ferita riportata nel conflitto di Chirralza (corso d’acqua che ora segna il confine territoriale fra i comuni di Chiaramonti ed Erula, n.d.r.) finiva per morire esecrato dagli onesti e dal volgo celebrato per le infami gesta compiute.

Il commissario viceregio don Giovanni Valentino di Tempio si rese pur sempre abominevole non solo per la ferocissima repressione dei moti angioiani, ma altresì per essere dovuta al medesimo l'iniqua condanna inflitta al patriota Vincenzo Sulis (Cagliari 1758 - La Maddalena 1834. Nel 1793 capeggiò a Cagliari la rivolta contro i francesi al comando di Truguet, n.d.r.).

In seguito alle informazioni assunte in Sassari dal governo di Vittorio Amedeo III, il consigliere don Giuseppe Aragonez con sentenza del 12 Ottobre del 1780 veniva condannato all'esilio, in pena delle illecite relazioni avute col bandito Giovanni Fais.

Nota:

Il testo, inedito, è tratto da un manoscritto del Falchi conservato presso la Biblioteca Comunale di Chiaramonti.

 

Ultimo aggiornamento Lunedì 22 Novembre 2010 20:20
 

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