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Lettera al mio passato PDF Stampa E-mail
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Domenica 21 Giugno 2009 22:31

di Caterina Pisu

Nell’ambito del progetto didattico “Ricordi di scuola, realizzato dagli alunni della scuola media, è stato bandito un concorso riservato agli adulti. Che sono stati invitati a raccontare, in prosa o in poesia, episodi delle proprie esperienze scolastiche. Degli elaborati pervenuti, due sono stati premiati. Il primo premio è stato assegnato a Caterina Pisu; il secondo a Teresa Agnese Serra.
Pubblichiamo oggi il “ricordo” di Caterina Pisu. Fra qualche giorno metteremo in pagina quello di Teresa Agnese Serra.
(c.p.)

 
Mia cara Giuseppina,
non ricordo più neppure il tuo cognome, ma vorrei approfittare di quest'opportunità per indirizzare proprio a te questa mia fantasiosa lettera, con l'idea che, dopo tanti anni, ancora qualcosa ci accomuni.

Tornando indietro ai tempi della scuola, io, che provenivo da varie classi sparse per la Sardegna, ho solo pochi ricordi delle elementari di Chiaramonti e tu non puoi proprio averne, avendo frequentato le "pluriclassi" in campagna. Ma una grande esperienza abbiamo in comune: entrambe abbiamo frequentato le scuole medie in una fantasmagorica varietà di "caseggiati scolastici" proprio qui, a Chiaramonti, in quegli anni che forse per entrambe sono stati gli ultimi in cui ancora la parola "bambina" ci stava bene addosso.

Forse anche tu avrai dei figli e non so se ti è mai capitato di sgridarli per aver partecipato al classico sciopero del primo quadrimestre: "Manca il gasolio, non possiamo fare lezione al freddo". Io ho sempre sorriso, ricordando quelle vecchie, puzzolenti e rumorose stufe a gas che Rosaria o zio Stefano accendevano al mattino e che l'insegnante della prima ora faceva sempre spegnere perchè "C'è aria viziata", cui poi si aggiungeva l'insegnante della seconda ora che, elegantemente, diceva "Aprite le finestre, c'è aria di umanità!".

La finestra era a volte un lucernaio, dal momento che l'aula si infossava in un seminterrato umido e semibuio, ma c'era la possibilità di riossigenarsi al cambio di ogni insegnante, specialmente se erano previste attività artistiche, tecniche, o, usando un termine che allora era proprio insolito, "ludiche". Ti ricordi le corse per raggiungere l'aula di disegno? Da via San Giovanni si faceva a gara, nei gradini irregolari e pietrosi di quello che allora era vicolo San Giovanni, poi divenuto con mio grande disappunto via delle Fosse Ardeatine, per arrivare lì dove oggi c'è un circolo. Odori di fumo, alcol, caffé hanno ormai coperto il profumo di tempere, acquerelli, crete, inchiostri e carta da disegno.

Nonostante la mia assoluta negazione per l'arte, per me quell'aula era la più bella di tutto il "caseggiato". Ma l'aula in assoluto migliore era la “palestra". Avevamo ben due opzioni, secondo il tempo e la fantasia  dell'insegnante: "indoor" o "aria aperta". La versione indoor prevedeva l'attività ginnica in un garage attrezzato, senza finestre, dove spiccava in primo piano un attrezzo che in tutta la carriera scolastica sarebbe poi  diventato il mio incubo: l'asse di equilibrio. L'alternativa, se le condizioni atmosferiche lo permettevano, era il "campetto". Situato in una zona dove, secondo la mia scarsa lungimiranza, non si sarebbe mai potuto edificare, il campetto era, nel nostro immaginario, pari ad uno stadio olimpico. Ci si allenava per varie attività, caldo, pallavolo, salto in alto e in lungo, lancio del peso... Ma, soprattutto, si giocava, si complottava, si litigava e si faceva pace.

Ricordo in particolare la collezione di palloni accumulata nel cortile di zia Chiara che, essendo situato al di sotto, era spesso bersaglio dei nostri tiri un po' imprecisi. Sento ancora le sue minacce: "Giuro che la prossima volta che il pallone finisce nel mio cortile ve lo squarcio!". Ma, in effetti, poi tutti i palloni ritornavano alla base.

Quando si va indietro con i ricordi, ritornano prepotenti sensazioni apparentemente dimenticate: sento ancora il profumo di quel canestro pieno di panini che zio Stefano distribuiva all'ora di ricreazione, facendo, più veloce di Speedy Gonzales, il giro delle aule sparse  nei vari edifici per garantire a tutti una sana ricreazione. Per me il migliore in assoluto era il panino col tonno... Che goduria! E le mie orecchie sentono ancora le note della pianola che don Dottori, nell'ora di musica, suonava accompagnando i nostri cori e mollando qualche occhiata feroce a chi stonava o andava fuori tempo.

Forse il ricordo annebbia un po' quella che era la realtà di allora. È vero, non avevamo un caseggiato scolastico, i disagi erano tanti, ma noi bambini non ce ne rendevamo conto, non avendo conosciuto altre realtà. La rivelazione è arrivata al liceo: aule enormi, trentacinque compagne di classe (in terza media eravamo otto), aula di fisica, lunghi corridoi, aula magna, finestroni enormi, termosifoni su cui ci si poteva accovacciare anche in tre o quattro... E poi l'università, aule ad anfiteatro, laboratori, e ancora altre scuole, nuove aule, palestre attrezzate....

Ma, cara Giuseppina, forse è vero, con gli anni si rimbambisce un po': io ricordo sempre con tanto piacere l'arlecchinata delle aule della nostra scuola media ed è bello pensare che quei muri umidi, quelle pareti fredde, quelle sedie sempre scheggiate che pizzicavano le nostre coscette, hanno accolto futuri geometri, ingegneri, muratori, mamme, ragionieri, medici, farmacisti, insegnanti, psicologi, presidi, artisti, interpreti, infermieri, allevatori, elettricisti, commercianti... Che forse qualche volta, come me, sorridono quando passano vicino al Cagliari Club, al circolo di Tonio, alla casa del geometra Tedde, a via Berlinguer, alla casa di Antonio Villa, sede allora della Segreteria, al Comune vecchio, la fatidica "Regina Coeli".

E mi piace immaginare che anche tu ti soffermi ogni tanto ad ascoltare se in quei posti ora così anonimi sia rimasta un'eco delle nostre risate, delle noiose lezioni di storia, degli esami, dei compiti in classe...

Cara compagnetta, anche tu, come me, come la nostra vecchia scuola, ti sei  sicuramente trasformata. Forse, incontrandoci, non ci riconosceremmo neanche, ma ti abbraccio con tanto affetto e, chissà, forse un giorno ci ritroveremo a ricordare insieme e a raccontarci le novità di una vita...

A presto!

Ultimo aggiornamento Giovedì 25 Giugno 2009 21:01
 

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