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Salve vorrei sapere se qualcuno dei presenti avesse registrato tale gara a Roma e avesse conservato una copia.
Sono Michele Pittalis il figlio di Giovanni Michele, ho scritto la storia che mio padre ci ha raccontato, pubblicata dal periodico la nostra presenza poi pubblicata in questo sito da un mio amico. Volevo farvi sapere che mio babbo oggi ha 99 anni e sta bene,gli ho letto tutti i commenti che sono stati pubblicati e non è riuscito antrattenere una forte emozione. Saluti e tutti da parte sua.
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Ringraziando, ricambiamo i saluti e porgiamo tanti auguri a suo padre, quasi centenario. (c.p.)
Anche mio padre Bergonzoni Sergio è stato naufrago e si è salvato. È mancato 9 anni fa ma ha lasciato un racconto e ricordi molto commoventisu questo naufragio...tutto scritto in un diario che non riesco più a trovare Grazie per le informazioni trovate su internet in parte integrano il diario smarrito con mio grande dispiacere. Mirna
Caro Carlo,
ho letto con piacere quanto hai scritto sulla manifestazione avvenuta a Chiaramonti il 30 aprile. Il che significa che quando i claramontani, o chiaramontesi, vogliono sanno impegnarsi fino a raggiungere l'eccellenza delle manifestazioni.
Da questa periferia di Via Fratelli Cervi ho udito soltanto l'eco e la mattina, recandomi in chiesa, ero turbato per la morte della gattina Stellina e quindi, data anche la vista corta, non mi sono accorto che anche la nostra pittrice e iconografa partecipava alla manifestazione. Infine, ero in ritardo alla Messa domenicale e infastidito che Tilla dovesse fare cento giri per trovare un posteggio.
Insomma, senza saperlo mi son tolto un piacere che tu mi hai fatto rivivere.
Mi unisco alla lode per gli organizzatori e oso chiedere se per caso non possano mettere lo stesso impegno per mettere su un'amministrazione comunale degna della loro genialità. Maggio passerà velocemente e debbono darsi da fare, diversamente rischiamo di stare ancora per un anno col Commissario Straordinario!
Agli organizzatori dell'evento i più sinceri ringraziamenti.
Caro Dott. Carlo Patatu,
la ringrazio tantissimo per aver apprezzato l’esecuzione di sabato. E’ sempre un piacere leggere e ascoltare i suoi commenti che valorizzano il lavoro frutto di tanti anni d’impegno.
Conoscendo le sue grandi conoscenze in materia, è per me un piacere avere una sua recensione così bella e puntuale, dove ogni piccolo o grande particolare viene messo in risalto. Le sono riconoscente per tutte le volte che ci ha accompagnato nelle nostre rappresentazioni canore, presentandoci, raccontandoci e dimostrando passione e affetto per noi.
Ancora grazie, con la speranza di incontrarci in tante belle occasioni!
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Grazie a lei, caro Maestro, per avere, con impegno severo e pazienza certosina, privilegiato l'opera di amalgama e di conoscenze a favore di due gruppi che omogenei non erano, in partenza. E che, come sovente accade in questo mio povero paese, lungo il percorso registrano defezioni, le cui conseguenze di segno negativo lei, invece, riesce ad attenuare.
Le auguro, e auguro ai cori che lei dirige con tanta autorevolezza, di poter proseguire su tale strada ancora a lungo. (c.p.)
Un racconto emozionante. Bellissima la descrizione dei galluresi d’Anglona.
Un saluto affettuoso dalla nipote di Giovanni Canopoli, abitante di Monte ‘e Mesu, che ora riposa a San Giuseppe.
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Grazie Valentina. Ricambiamo i saluti nel ricordo dei tuoi nonni, persone che ricordiamo con grande affetto e malinconia. (c.p.)
Prego inviarmi una copia del libro di poesie di Salvatore Poddighe da Lei curato. Indicarmi le modalità di pagamento. Grazie.
Nicolò Pinna
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Non sono io il curatore del libro, ma, probabilmente, mio fratello Salvatore, al quale giro la sua richiesta. (c.p.)
Sono parzialmente d'accordo sulle responsabilità di Renzi & C della sconfitta. Non credo infatti che tutta la colpa della disfatta possa essere attribuita a lui.
Le sinistre italiane, come tutte la sinistre europee, sono in grave crisi sopratutto a causa dell'incapacità che dimostrano di saper recepire i cambiamenti socio-economici e di sapersi adeguare ad essi: non hanno capito che la “spinta propulsiva” delle ideologie originarie si è fatta sempre più flebile.
Alla mutata composizione sociale non è stato dato il giusto peso e gli slogan usurati "antifascismo" e "populismo" hanno comportato un dispendio inutile di energie nella direzione sbagliata. Se aggiungiamo l'incapacità della sinistra di elaborare nuove proposte che sappiano intercettare il sentimento dell'elettorato, credo che avremo una chiave di lettura del risultato negativo ottenuto.
Penso anche che la mancata rielaborazione della propria politica e la perseveranza in quello che credo sia un errore capitale, porteranno a risultati sempre più (per voi) deludenti.
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Questa volta sono d'accordo anch'io con te. Parzialmente.
Una sinistra litigiosa, impegnata a privilegiare le risse da ballatoio tutte interne alla "Ditta", le hanno impedito di guardarsi intorno con l'attenzione dovuta. Il che l'ha estraniata dal contesto sociale e politico di riferimento. In breve, s'è persa il proprio popolo senza accorgersene se non a scrutinio concluso.
All'apparir del vero...
Un po' di carestia stando all'opposizione non potrà farci che bene. (c.p.)
Caro Ange,
non ho messo, minimamente, alcun dubbio che tuo babbo fosse in Spagna e non in Africa, come riportato su una pubblicazione del quotidiano l'ISOLA dell'aprile del 1938.
A rileggermi: […magari trattasi di un refuso dell'articolista...]. Un' interiezione di riconoscimento, la mia. Talvolta, tanto per chiarire, si eccede nell'enfasi, senza soffermarsi a quanto precisato. Così, l'appunto “che un padre non racconta frottole al figlio” lo trovo, un tantino, accentuato.
La curiosità, interesse piuttosto, stava nell'aver trovato, tra le migliaia di pagine -del “ventennio”- consultate, quella relativa ad un “premio natalità” offerta da Lui, il Duce. E, toh!, manco a farlo apposta, era per un pargolo chiaramontese. Che eri tu.
Il punctum della notizia, quindi, non era Spagna o Africa, ma il comunicato redazionale di un giornale a tiratura (forzata) regionale. Immaginiamo pure l'enfasi dell'articolista, che dava la notizia, e di chi la leggeva.
Come la lessi io, dopo settanta anni. Più o meno.
Potete aiutarmi?
C. S.
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Saluti cordiali. (c.p.)
Il documento a cui faccio cenno è abbastanza chiaro e pure firmato da mio padre che s'imbarcò da Napoli sul piroscafo Lombardia per raggiungere Cadice, anzi, appena giunto in Spagna, essendo indisposto, lo ricoverarono nell'ospedale militare di San Fernando. Dimesso da lì andò a combattere.
Ora mio padre sapeva leggere e scrivere e parlare anche, per cui al figlio non si mise a raccontare frottole. Ho qui a casa, a portata di mano, il foglio matricolare con tutti gli spostamenti, le licenze agricole e i ricoveri. Mio padre era anche persona intelligente da capire di essere andato in Spagna e non in Africa dove finì il cognato zio Giuseppe Piras.
La fonte che citi è erronea e sicuramente di refuso si tratta. Babbo parlava della Spagna come del resto il suo foglio matricolare e zio Giuseppe dell'Africa e poi di Londra dove fu trasferito dalla prigionia africana e dove ebbe anche una figlia naturale da un'inglese, di nome Cristina. L'errore è decisamente del notista del giornale da cui hai attinto la notizia.
Certo mio padre ebbe le 400 lire come tutti i padri di famiglia dell'epoca che ebbero figli: Matteo Satta, Giommaria Lezzeri ecc. Mussolini ebbe almeno fino al 1931 il generale consenso, ma anche dopo e non c'è da meravigliarsi. Come non c'è da meravigliarsi del gran casino attuale.
Del senno di poi son piene le fosse ed è assai facile sentenziare sulle scelte del passato dei nostri nonni e padri. Dobbiamo solo cercare di capire e studiare le cause delle scelte fatte. I tempi erano quelli che erano. Per noi non condividere quelle scelte è abbastanza facile, per loro che quella storia hanno fatto è più difficile. Lo aveva capito anche Togliatti che ebbe a chiamarli compagni delle camicie nere. Infatti, molti ex fascisti, a cominciare da mio suocero e da altri coetanei divennero comunisti.
Caro Ange.
Come ebbi a comunicarti, in altra occasione, nell'aprile del 1938, Lui, proprio lui il Duce, “si era degnato” di assegnare al legionario Tedde Angelino, 400 lire, per il suo figlio nato mentre si trovava a prestar servizio in Africa Orientale Italiana.
Così è scritto in una nota giornalistica del tempo, magari trattasi di un refuso dell'articolista, quindi è da intendersi che tuo padre fosse in Spagna e non Africa. Che fossero le 15 lire, elargite, a far illuminare i legionari chiaramontesi, ci può stare; ma tutti, in egual misura, erano partecipanti attivi della politica ideologica del tempo. Almeno in paese e nessuno escluso.
Quando in paese arrivò, via telegrafo, la notizia della conquista di Madrid, il 30 marzo del 1939 in Chiaramonti, si organizzò un gran corteo di fascisti, ex combattenti, mutilati e popolazione tutta. Autorità in prima fila con bandiere e gagliardetti, inneggiando alla vittoria di Franco. Sino a tarda sera, canti e balli. Anche se il carnevale era terminato e si era in Quaresima.
Poi iniziarono, in Italia, altre "ballate". Ne avemmo, forzatamente, fino al 2 sett. del 1945.
Tra i legionari fascisti partiti in Spagna, a cinque giorni dalla mia nascita, anche mio padre Angelino senior, secondo me ben poco animato dall'amore per la patria e tanto meno per la Spagna.
Rientrò a Chiaramonti nel mese di giugno sicuramente per conoscermi, ma anche perché penso che ne avesse le tasche piene di una guerra civile terribilmente crudele e sanguinosa. Su un ponte i rojos avevano fatto fuori 12 suoi compagni e lui s'era salvato buttandosi nel fiume e restando in acqua finché la furia degli avversari non cessò. Ci rimise il sistema cardiorespiratorio e parte del sistema digerente. Non parlò mai volentieri di quella brutta guerra né tanto meno si dimostrò entusiasta del partito, almeno nel parlarne.
Sono certo che andò per racimolare qualche lira dal momento che ai legionari davano 15 lire al giorno, mentre ai giornalieri che restarono in paese davano soltanto cinque lire. Solo la classe dirigente fascista poteva dirsi entusiasta, ma non certo questi poveri fantaccini che andavano per "lavoro".
Sicuramente diedero a mia madre, essendo io il primogenito, la solita somma di denaro, e qualche lira anche da orfano riuscii ad averla anche se una parte cospicua la lasciai all'ENAOLI per non danneggiare l'adozione ufficiale di mia sorellina. Mandai a carte quarantotto la terza richiesta di documenti che mi fecero nel 1959 e dire che ne avevo particolare bisogno.
Sul campo franchista lasciarono la vita 500 mila uomini e altrettanti ne lasciarono sul campo dei rojos che poi non erano tutti tali, ma di varia ideologia. Un milione di morti costò la vittoria di Franco e naturalmente tra questi parecchi sardi.
A suo tempo volevo scrivere un contributo e mi feci mandare l'elenco dall'archivio militare e contemporaneamente feci intervistare dalle mie studentesse una cinquantina di reduci. Non so perché poi di tutto questo materiale che ho da qualche parte non ne feci più niente.
Una brutta pagina del ventennio tra tante brutte pagine.
Caro Marco,
innanzitutto, premetto che non intendo polemizzare o controbattere all'articolo da te soprascritto, anzi, mi trovo pienamente d'accordo sulla analisi da te descritta sul tema dei migranti in Italia, in Europa e nel mondo.
Mi preme però precisare, o più giustamente testimoniare, sulle angherie subite dagli emigrati italiani.Tu affermi di non avere mai visto un emigrato italiano nascosto... ecc. ecc...
Credibile, vero, nella tua esperienza. Molto probabilmente la tua. Andato via, voluto o non voluto, é avvenuto in epoca diversa dalla mia e in realtà o luoghi diversi. La mia esperienza di emigrato avvenuta nella meta' degli anni '60, testimoniano vicende vissute che, purtroppo, riscontrano fatti ed avvenimenti, più o meno, come descritto nel testo della canzone di Franco Sechi. Di queste potrei elencarne tante.
Mi limito a segnalare una legge, fra tante, sulla regolarizzazione della immigrazione, vigente qui in Svizzera negli anni '60 e '70 del secolo scorso, la quale non permetteva ai lavoratori stranieri, in regola con il permesso di soggiorno, il raggiungimento dei propri famigliari per una durata determinata, per cui molti lavoratori stranieri, fra questi tanti italiani, facevano entrare la moglie e i propri bambini in modo clandestino tenendoli nascosti in casa con le saracinesche abbassate anche durante il giorno, talvolta anche negli scantinati, sempre con la paura di essere scoperti ed espulsi.
Queste testimonianze caro Marco ti assicuro di averle vissute di persona. Per fortuna ora non é più così, almeno per noi italiani.
Carissimi saluti.
Salvatore Cossu
Concordo in pieno con quanto detto da Carlo.
Mi limito a fare qualche osservazione sul "Piano Marshall" che io ho vissuto in prima persona e per il quale (cosa che è accaduta poche volte nella mia vita) sono sceso in piazza non solo per difenderlo ma per sollecitarne l'esecuzione.
In quegli anni del dopoguerra ero a Roma studente di ingegneria e alla sera, dopo cena, andavamo in Galleria Colonna dove si formavano decine di capannelli all'interno dei quali si dissertava sulla opportunità di accettare o rifiutare questo Piano che prevedeva degli aiuti all'Italia sotto varie forme per accelerarne la rinascita.
Contrari in assoluto i comunisti di allora, per la maggior parte idolatrati da Stalin che da loro era ritenuto il Dio in terra senza rendersi conto di cosa fosse quella dittatura e senza volersi accorgere che la maggior parte dei paesi dell'Est già erano stati trasformati in ubbidienti satelliti. Una frase che si sentiva spesso era molto simile a quella scritta dal sig. Puggioni "un piano Marshall per l'Italia potrebbe favorire solo tiranni e dittatori e arricchire ancora di più i profittatori di guerra".
Perché loro ritenevano i Paesi dell'Occidente quelli della "democrazia plutocratica e reazionaria dell'Occidente" di mussoliniana memoria. Non credevano, come invece fu dimostrato dalla Storia, che quel Piano Marshall era ispirato e sostenuto dalle migliaia di italiani emigrati (primo tra tutti Fiorello La Guardia), che, come unico scopo, avevano quello dare senza nulla chiedere e fu una corsa bellissima in tutto il mondo in tale senso. (Detto per inciso il Piano ufficialmente era dato come un prestito ma credo che sia stata assai poca la parte restituita).
Io conservo ancora i quaderni sui quali prendevo appunti durante le lezioni all'Università sulle cui copertine ancora leggo con commozione "From the Children of Canadà" e che ci venivano dati gratuitamente perché in Italia scarseggiava la carta.
Col Piano Marshall non arrivò soltanto grano e carne ma anche libri di vario genere in lingua italiana stampati nelle tipografie di New York o di Boston. Ebbene, se noi lo imitassimo e ne organizzassimo uno per alcuni Paesi africani, il flusso di immigrazione in breve tempo diminuirebbe notevolmente.
Analisi perfetta che condivido solo in parte.
Dalla tua analisi sembra che dovremmo rassegnarci alla migrazione epocale. Ebbene, io non voglio rassegnarmi. Certamente se i black dovessero presentarci il conto per tutto quello che hanno subito e continuano a subire dalle potenze occidentali, non basterebbe tutto l'oro del mondo per ripagarli. Penso a quando, ridotti in schiavitù (con la complicità degli arabi), sono stati trasferiti nelle Americhe. Penso al colonialismo, quando le potenze occidentali hanno depredato le loro terre. E penso ad oggi, costretti a migrare, scappando da guerre o nella speranza di un futuro migliore.
Tuttavia credo che ogni nazione abbia il diritto - dovere di programmare il proprio futuro e in questa programmazione debba rientrare anche il controllo dei propri confini. Ricordiamo sempre che l'emigrazione in America è stata sempre controllata e a quel tempo l'arrivo della manodopera era fortemente incentivata. In Belgio addirittura abbiamo scambiato manodopera con carbone.
Anche i Romani controllavano perfettamente il loro limes e, quando necessario, solo quando necessario, aprivano i cancelli. Potevano benissimo evitare quella migrazione epocale nei territori dell'impero, ma, essendo, in quel tempo, una civiltà in forte decadenza hanno sottovalutato il problema.
Riguardo ai migranti di oggi, bisogna riconoscere che non sono certamente come quelli raccontati da Steinbeck in "Furore" (1939). Quelli erano armati da una disperata volontà di trovare lavoro e, quando comunque sfruttati, riuscivano a trovare quel bene, erano disposti a tutto pur di non perderlo. Perché il lavoro dava senso allo loro esistenza.
Non vedo questa volontà nei migranti che sbarcano quotidianamente nelle nostre coste. Non è colpa loro, ma nostra, che non siamo stati in grado di veicolarli verso una convivenza che si fonda su diritti, ma anche su doveri. A rendere complesso il problema c'è il sogno segreto dell'Islam di dominare il mondo, non dobbiamo mai dimenticarlo. Le argomentazioni sarebbero tante, e non sarebbe sufficiente la memoria del IPad per contenerle, pertanto mi fermo qui, precisando comunque che non vedo opportuno un piano Marshall per l'Africa , che potrebbe favorire solo tiranni e dittatori, ma necessaria una operazione culturale (?) volta a far capire che nel pianeta siamo già tanti e che non è più tempo di dodici figli per coppia.
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Caro Bruno, anch'io condivido solo in parte le tue argomentazioni. Non sarà per te una novità. Sappiamo bene, entrambi, come la pensiamo sul problema immigrati.
Mi limito pertanto a sottolineare che i Romani (quelli dell'Impero, intendo dire) ponevano dei limes a terra, dov'era e dov'è più facile controllare il territorio. Oggi, con mezzi da sbarco diversi da quelli dell'era imperiale romana, le nostre migliaia di chilometri di coste sono assai vulnerabili e scarsamente difendibili.
Non mi arrendo a un'inevitabile islamizzazione dell'Italia. Come pure so bene che gli immigrati africani giungono qui con scarse capacità operative e, forse, con poca voglia di fare. Ecco perché credo in un novello Piano Marshall che, com'è accaduto per l'Europa, ha operato anche sul piano culturale. Con risultati, non sempre brillanti, devo ammettere.
Continueremo la discussione in occasione della prossima cena. (c.p.)