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Perché dare soldi di tutti alla scuola di pochi? |
Sabato 10 Gennaio 2009 14:57 |
di Tore Patatu Con riferimento al contributo di Damiano Nieddu, pubblicato ieri su queste pagine, riceviamo da Tore Patatu la lettera che volentieri pubblichiamo. A entrambi gli interventi, a breve, faremo seguire un nostro commento. Damiano carissimo, è vero che il comma 4 dell'art. 33 della nostra Costituzione recita quello che tu hai detto, ma solo quello che hai detto, non quello che si può intuire. Non parla, cioè, di contributi da parte dello Stato per il "mantenimento" delle scuole private. La legge deve assicurare, attraverso i mezzi che ha a disposizione (non necessariamente finanziari, ma di vigilanza, di controllo ecc.) che gli alunni delle private abbiano "un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali". Non parla di contributi o di altri aiuti economici. Anzi, è un avvertimento alle scuole private perché garantiscano ai loro allievi le stesse opportunità che hanno gli allievi delle scuole statali. Io faccio questa semplice riflessione: lo Stato organizza per tutti i cittadini il servizio scolastico. Chi non vuole servirsene e preferisce frequentare una scuola privata, può farlo in piena libertà, purché se la paghi. Questo mio pensiero ho maturato andando a leggere proprio l'art. 33 della nostra Costituzione, non al comma 4, ma a quello immediatamente precedente: il comma 3, che recita testualmente: "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato". E questo basta per tagliare la testa al toro (non al Tore). A questo pensiero, però, aggiungo anche la mia esperienza conseguita in trentacinque anni d'insegnamento, di cui trent'anni come componente di commissione per gli esami di maturità in tutta Italia; alcune volte come commissario ed altre come presidente. Tutte le volte (tranne una ad Olbia), la mia commissione era stata nominata dal Ministero per giudicare anche gli allievi di una scuola privata, aggregati alla commissione della scuola pubblica, che era sede principale d'esame. In sostanza, una commissione, solitamente, era composta da alunni di quattro sezioni: tre della scuola pubblica e una di una scuola privata. Io e i miei colleghi abbiamo sempre constatato che gli allievi delle sezioni pubbliche erano molto più preparati di quelli della sezione privata. Tanto è vero che i loro commissari interni, quando dovevamo decidere sulle modalità e sui parametri di giudizio, chiedevano sempre la cortesia di stilare parametri diversi per giudicare i loro allievi. Cosa peraltro illegittima. Ma tentavamo di venir loro incontro, nei limiti del possibile, per evitare vere e proprie stragi. E non ti sto parlando (con tutto il rispetto) dell'Istituto Europa o Kennedy di Sassari. Ti sto parlando dell'Istituto "Offidani" di Torino (situato davanti alla sede della RAI in via Verdi, proprio sotto la Mole); dell'Istituto delle Marcelline di Milano (a due passi da Piazza del Duomo) dove, proprio l'anno prima, si era diplomato il figlio di un importantissimo uomo politico); dell'Istituto "Atlante" di Biella (una delle città più ricche d'Italia), frequentato da figli di agiatissimi industriali. Con questo non voglio negare che esistano scuole private di ottimo livello; ma, vista la mia esperienza, esse rappresentano l'eccezione, non la regola. La maggiore aspirazione dei presidi delle scuole private, allora, era quella di avere una commissione solo per loro. Nominata sì dal Ministero, ma senza aggregazioni a scuole pubbliche, proprio per evitare il confronto degli alunni. E allora? Riflessione finale: perché lo Stato deve pagare due volte? Per il servizio e per un sottoservizio inutile e, talvolta, anche dannoso? In parole anglonesi, perché dobbiamo finanziare un doppione di scuola per ottenere un peggiore servizio? La scuola pubblica di Sassari ha "prodotto" due presidenti della Repubblica (tre se consideriamo l'iscrizione di Ciampi al 1° anno dell'Università di Sassari), decine tra ministri, sottosegretari, parlamentari e segretari nazionali di partito, tra cui Berlinguer e Togliatti. Non mi risulta che le scuole private della stessa città abbiano prodotto personaggi illustri. Sarebbe fin troppo facile (ma anche molto antipatico) citare esempi di allievi che sono stati sonoramente e ripetutamente bocciati nella scuola pubblica, salvo, poi, a conseguire brillanti risultati nella scuola privata. Hanno potuto usufruire di una migliore organizzazione? Di migliori docenti (tra l'altro, a volte sfruttati, ma sempre sottopagati)? No, caro Damiano, credimi, sono stati "trattati" meglio. Ed in questo sono d'accordo con te: essi non hanno avuto "...un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali". Un abbraccio |
Ultimo aggiornamento Sabato 10 Gennaio 2009 17:28 |
Commenti (1)
non capisco il riferimento a questo istituto, può argomentare? grazie
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Nell'ambito di un dibattito, nutrito e appassionato, svoltosi tempo fa su queste pagine in ordine al tema "fede e ragione", si è parlato pure di scuole pubbliche e private. E dei finanziamenti che lo Stato concede anche a quest'ultime.
Sono intervenuti, com'era prevedibile, favorevoli e contrari al soccorso finanziario statale in favore delle scuole private, ora paritarie. Fra i contrari, c'è stato il prof. Tore Patatu, che ha raccontato, a sostegno della propria tesi, alcune esperienze fatte come commissario d'esame in taluni istituti d'istruzione superiore, fra i quali l'Istituto Offidani di Torino (cliccare qui).
Il lettore Marco Levora, che ringraziamo per l'attenzione, potrà andare a rileggersi l'intervento citato ed eventualmente sollecitare, sempre su queste pagine, ulteriori chiarimenti all'autore. Che, ne siamo certi, non mancherà di far sentire la propria voce c.p.