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Donna Lucia Tedde (1705-1755): identità, morte, funerali e sepoltura in Chiaramonti PDF Stampa E-mail
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Domenica 11 Luglio 2021 00:00

di Angelino Tedde, Andreina Cascioni, Giovanni Soro

I

niziamo il discorso sull'identità di Donna Lucia Tedde, successivamente sulla data di morte, su quella della sepoltura e sul luogo della stessa sepoltura.

La brillante storica universitaria cagliaritana Maria Lepori, nel suo magistrale saggio su Faide. Nobili e banditi nella Sardegna sabauda del Settecento (Lepori, 2010) scrive tra l'altro di Donna Lucia :

"Nella corrispondenza dei viceré è indicata con il cognome comune dei Delitala. Nelle sentenze della Reale Udienza [massima magistratura dell'Isola dal secolo XVI] che riguardano lei come imputata o altri individui coinvolti nello stesso episodio viene citata come Tedde Delitala o semplicemente come Tedde (ASC Reale Udienza Miscellanea 3 e 28 aprile 12 e 17 settembre 1733). Abitava a Chiaramonti, ma era originaria di Nulvi e benché Rivarolo, [senza mai averla vista, ma solo per sentito dire o per aver letto le carte vicereali del predecessore Castagnole], nel 1736 gliene attribuisce 40, aveva allora soltanto 31 anni." Nota 89 p.149.

Aggiungiamo a maggior chiarimento di chi ci legge che la nostra Donna Lucia era nata a Nulvi il 29 maggio 1705 da don Francesco Delitala Tedde e da dona Juana Maria Tedde Delitala (liber baptizatorum di Nulvi (f. 134 Registri 1694-1705). La data corrisponde all'età indicata dalla storica cagliaritana (ADDTA).

Nell'atto che ci accingiamo a presentare è detta Donna Lucia Tedde delitala col cognome Delitala in minuscolo (Panzino, 2003-2004) quasi a dare minor peso a questo cognome.
Per meglio precisare quanto asserito  riportiamo quanto scrive lo storico gesuita Alessandro Monti in merito ai legati  per il collegio gesuitico di Ozieri citando Don Bernardino Pes, censore  eletto di Chiaramonti, sotto la data del 2 novembre 1762 al viceré di Sardegna Giovanni Battista Alfieri di Cortemilia (Asti,1697- Cagliari,1763): "La fu Donna Lucia Tedde di questa villa [di Chiaramonti] a favore del Collegio dei PP. Gesuiti della Villa di Ozieri, ha lasciato un legato di terre, case e bestiame, che si reputa di un valore tra i Cinque e i Seimila scudi. Lo stesso collegio, continua, ha posto qui un fratello coadiutore che accudisce alla fruttificazione di quel lascito, e con ciò si va notevolmente accrescendo, tanto più che di tutto quello che egli lavora e gli altri lavorano in società con lui si rimettono le decime. Il coadiutore, poi, ha già avuto cura di fare acquisto di altre terre a nome  di esso collegio." (Monti, 1915).

Altrettanto si può dire della lapide posta nel frontone della sagrestia della parrocchia di San Matteo a valle di Chiaramonti, all'interno del presbiterio, in cui si parla della nobile Donna Lucia Tedde, obliando del tutto Delitala, con i cui legati è stata costruita tra il 1884-1888 e consacrata nel 1888 la stessa chiesa.

“HANC PARAECIALEM ECCLESIAM TITULO S. MATTHAEI APOST. ET EVANG. COLLAPSA SUPER ORATORIO SS. CRUCI D.N.I.C. DICATO EX LEGATO LUCIAE TEDDE PATRICIAE CLARAMONT CURANTIBUS PAROCHO ET RERUM MUNICIPALIUM GESTORIBUS A FUNDAMENTIS EXTRUCTAM RMUS DNUS DIDACUS MARONGIO DELRIO ARCHIEPISCOPUS TURRITANUS IN HONOREM SS. CRUCIS AC S. MATTHAEI DIE XVI SEPTEMBRIS MDCCCLXXXVIII UNA CUM ALTARI PRINCIPE CONSECRAVIT”

IL 16 SETTEMBRE 1888 IL REVERENDISSIMO DON DIEGO MARONGIO DELRIO, ARCIVESCOVO TURRITANO, HA CONSACRATO QUESTA CHIESA PARROCCHIALE (...) COSTRUITA (...) CON IL LEGATO DELLA NOBILE LUCIA TEDDE DI CHIARAMONTI (...). (Chiesa di San Matteo).

Nel brano  della copia del testamento, tradotto in italiano, pervenutoci il notaio estensore dell'atto scrive (ASDSS):

"Copia del testamento di Donna Lucia Tedde (...).

Per tutti questi motivi noi la chiameremo Donna Lucia Tedde come sicuramente lei preferiva essere chiamata. I motivi di questa scelta potrebbero dipendere dall'uso dell'epoca oppure per affermare l'importanza della madre, morta giovane, rispetto al padre che si sposò un'altra volta o forse per affermare la sua nobiltà anche come Tedde, ramo vessato dalla fazione dei Delitala a Nulvi e da lei a Chiaramonti.

Lo storico Manno (Manno, 1856), seguito da Vittorio Angius (Angius, 1834), e il genealogista  Gianni Vulpes (Vulpes 2021) preferiscono chiamarla col solo cognome Delitala secondo l'uso imposto dai nuovi dominatori piemontesi, che preferiscono l'uso del cognome paterno avendo presente il principio giuridico romano che "mater semper certa est, pater numquam" [la madre è sempre certa, il padre no, ma semplicemente padre in quanto convive con la madre] da ciò l'affermazione del patronimico. Noi sulla base dei documenti preferiamo chiamarla come lei si faceva chiamare Donna Lucia Tedde. Circa la sua famiglia possiamo dire sulla base delle ricerche sui quinque librorum di Nulvi fatte dallo storico genealogista Gianni Vulpes che il padre Francesco Delitala nato a Nulvi il 22.8.1679 e morto il 28.1.1728, 49 anni, sposa in prime nozze Giovanna Maria Tedde Delitala, (figlia di don Salvatore Battista Delitala di Chiaramonti e di donna Maddalena Delitala Cubeddu di Nulvi). Da queste nozze nascono Gerolama, Maria Maddalena, Giovanni, Maria, deceduta bambina, Giovanni, Michele Antonio, Agostina Angela, Lucia, Maria. La madre muore il 26.11.1706,due mesi dalla  nascita di Maria, ultima figlia, quando Donna Lucia aveva compiuto  appena un anno e mezzo. Alla morte della madre rimasero in vita Gerolama, Maria Maddalena, Giovanni, Michele, Agostina Angela detta Angela e Lucia.

Un'ultima osservazione: è probabile che la nobildonna, dopo l'esperienza della condanna e la dispersione, e alcune condanne a morte sia pure non eseguite dei Delitala, abbia preferito usare il cognome materno sia per dimenticare quello patronimico sia per affermare l'importanza del ruolo della donna, ma anche per tener testa ai suoi cugini Tedde di Chiaramonti suoi fieri oppositori e suoi probabili crudeli assassini, qualora si dimostrasse che sia stata davvero assassinata, dato che ad una donna cinquantenne ammalata come avvenne per don Gavino Delitala Tedde, moribondo a Nulvi, in casa della cugina, Donna Baingia, avevano fatto fare la stessa fine (Lepori, 2010).

Chiarita l'identità, essendo fino ad oggi introvabile l'intero testamento e il grosso inventario del  suo patrimonio nell'archivio di Stato di Sassari tra gli atti rogati dal suo notaio e nelle tappe dell'Insinuazione [ufficio del Registro di allora] dobbiamo accontentarci di quanto disponiamo.

La scomparsa dei fogli dei libri defunctorum di Chiaramonti dal 1700 al 1797 dove di sicuro sarebbe stata indicata la sua morte anche se violenta nonché il luogo esplicito della sua sepoltura, ugualmente  non ci soccorre. In una delle clausole del brano di testamento pervenutoci e giacente  presso l'Archivio Storico Diocesano di Sassari  il notaio riporta:
Lascio pure legati all’oratorio di Santa Croce 20 scudi, compresa in essa somma i diritti di accompagnamento del mio cadavere.” (Zichi 1994).

L'oratorio di Santa Croce [dei confratelli della Santa Croce] è sottinteso di Chiaramonti e non di altra località e l'accompagnamento della sua salma, in lettiga di legna con piccole sponde e alle prime luci dell'alba secondo l'uso, non poteva che avvenire nel paese non di nascita, ma di residenza di cui si fregiava nei battesimi  nelle cresime facendosi registrare Doña Luguia de esta, de sa presente villa, de custa  villa  de Claramonte, per ben 28 volte su 30.

Possiamo supporre come i confratelli della Santa Croce nell'anno del Signore 1755 nella festività di San Giacomo il Maggiore di venerdì (Calendario perpetuo) con camice bianco e mozzetta orlata di viola e con cordone bianco alla vita, abbiano fatto ingresso nella camera da letto o nella cappella del suo palazzo alle pendici di Codinarasa così come si erge ancora oggi.

Donna Lucia era  già composta dalle sue ancelle con veste bianca di nubile, con il viso  ricoperto da un fazzoletto viola, con rosario dai grani d'ebano tra le mani scarne congiunte sul petto e con lo scapolare della Vergine del Carmelo, deposta su un sudario bianco da rinchiudere con cordicelle sulla salma una volta assicurata alla lettiga.

Le ancelle probabilmente con i confratelli hanno delicatamente deposto la sua salma  sulla lettiga dalle cinque fasce  per ancorarla alle barrette trasversali, piedi e ascelle e cintura sul petto, onde al momento del trasporto la salma restasse ferma. Il parroco e i curati, col gesuita suo cappellano, coi parenti stretti sono scesi per le scale ampie dal piano nobile e salmodiando il Miserere hanno seguito il corteo funebre, con in testa i chierichetti con la Croce alta si è formata la processione funebre che ha visto nell'ordine le consorelle del Rosario con cintura viola, le consorelle del terzo ordine del Carmelo con cintura marroncina, i confratelli della Santa Croce col feretro e il clero.

Percorso il tratto adiacente all'Oratorio del Rosario, la discesa degli artigiani e la piazzetta della principale fonte pubblica il corteo affronta l'accidentata salita di Caminu de Cunventu, superata la quale giunge all'imponente Convento dei Carmelitani Antico Ordine. Nella chiesa illuminata da cento ceri  erano in attesa in cotta bianca e stola nera i sacerdoti carmelitani e in semplice cotta i fratelli laici. Dopo una Messa cantata da parte dei Carmelitani e del clero presente, con le ultime aspersioni la salma fu collocata sotto il pavimento a un metro di profondità accanto al nonno don Salvatore Battista Delitala e ad altri suoi avi Delitala o parenti Pes ivi sepolti. Sistemato il pavimento con lastre di calcare, licenziati i confratelli della Santa Croce, la cerimonia si concluse.

Il giorno successivo alle prime luci dell'alba ebbe inizio la misa rasada perpetua sotto lo sguardo estatico della statua di Sant'Antonio da Padova. Messa che non si diceva nella prima cappella di San Cristoforo, all'ingresso della chiesa, particolarmente curata dai Falchi e nemmeno nella seconda di San Sebastiano che conservava la memoria del primitivo convento omonimo. Questa presumibilmente dev'essere stata la cerimonia che si svolse nella chiesa del Carmelo con preci del prontuario predisposto da Pio V.

I Padri Carmelitani non persero tempo e contattarono il nipote, Andrea Satta [Tedde] uno degli esecutori testamentari, per sollecitarlo alla stesura dell'atto a rogito del  consueto notaio della nobildonna Juan Vaca Guisu per devolvere ai Carmelitani i censi  dovuti annualmente alla nobildonna dai conduttori perpetui di Chiaramonti, di Nulvi, di Laerru e di Perfugas.

In effetti lei era solita cedere in affitto perpetuo un terreno più o meno esteso e in compenso i conduttori erano obbligati a pagarle una rendita annuale perpetua. Se i terreni venivano sfruttati adeguatamente gli stessi potevano guadagnarci e pagare agevolmente il censo, se disgraziatamente gestivano male il fondo finivano per fallire e la proprietà rientrava in possesso dell'oculata nobildonna.

Dopo varie sollecitazioni il 30 novembre dello stesso anno della morte della de cuius ed esattamente, a circa quattro mesi e cinque giorni, l'atto a rogito del notaio della stessa de cuius fu stipulato  nel salone del convento del Carmelo, previo suono della campanilla a non molti passi dalla chiesa dove il corpo dell'amazzone nobildonna ormai riposava in pace.

Non sappiamo se dal 1755 in poi la sua tomba sia stata manomessa dai Padri Carmelitani, per seppellirvi qualche anno dopo il suo cappellano gesuita. A detta  di Vittorio Angius, mandato a morte da chi aveva interesse a coprire l'assassinio della nobildonna (Angius, 1856). Di più potranno dire eventuali analisi delle ossa. Offriamo ai lettori la trascrizione in spagnolo  di parte del documento giacente nella Biblioteca dei Beni Culturali di Sassari, detta Universitaria, e la traduzione italiana che ne abbiamo fatto (Panzino, 2003-2004).

"El día 30 de noviembre de la Natividad del Señor 1755 Claramonti. En nombre de Dios, amén. (...)  el noble Don Andres Satta domiciliado en la villa de Nulvi, como curador testamentario de la noble Lucía Tedde delitala de la villa de Claramonti de una parte; y de la otra el M.R. fray Simon Mura, actual prior del Combiento de los Reverendos Padres Carmelitas de dicha Claramonti (...) al toque de la campanilla en la pieca en donde soler congregar; (...) que sus curadores hayan que fundar otra misa perpetua quotidiana rasada en la capilla de San Antonio de Padua (...) misas celebradas en el 'altar previsto y capilla de Sant'Antonio da Padua de dicho Combiento; cuyas misas comenzaron a celebrarse a partir del día imediato al entierro de la citada testadora que fue el 25 de julio del  corrente '55".

"Il 30 novembre [dalla] Natività del Signore, [in] Chiaramonti 1755. In nome di Dio, Amen. (...) il nobile Don Andrea Satta domiciliato nel comune di Nulvi, quale curatore testamentario della nobile Lucia Tedde delitala (sic) del paese di Chiaramonti da una parte e dall'altra il M.R, fra Simone Mura, attuale superiore del Convento dei Reverendi Padri Carmelitani di detto paese di Chiaramonti (...) al suono della campanella [convenuti] nel salone dove ci si è soliti riunire (...)  i suoi curatori hanno istituito altra messa perpetua quotidiana recitata nella cappella di Sant'Antonio di Padova di detto Convento; le cui Messe cominciarono a celebrarsi a partire dal giorno successivo alla sepoltura-entierro della citata testatrice avvenuta il 25 luglio dell'anno corrente [17]55" (Panzino, 2003-2004)".

Questi i passi che abbiamo tratto dal lungo documento che pubblicheremo a suo tempo per intero. Esso ci svela finalmente, in mancanza di altri documenti, il giorno della morte e della sepoltura di Donna Lucia nella cappella di Sant'Antonio di Padova della chiesa del Convento dei Carmelitani di Chiaramonti. Da queste notizie documentali apprendiamo quando è morta e quando e dove è stata sepolta la nobildonna

Archivi

Archivio Digitale della Diocesi di Tempio Ampurias (ADDTA).
Archivio storico diocesano di Sassari (ASDSS).
Archivio della Biblioteca Universitaria di Sassari (BuSS).

Bibliografia

Angius V., in "Dizionrio geografico storico statistico commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna "voce Chiaramonti nota 5 p. 353,

Ariés P., Storia della morte in Occidente. Dal Medioevo ai giorni nostri. Milano: Rizzoli, 1978.

Casbarrone L., Il culto della morte nei secoli: ieri, oggi e forse domani in "Accademia Lancisiana"
Dalla Stella M., Il culto della Santa Muerte. The Post Internazionale 2013.

Manno G., Storia di Sardegna, III, V, Tipografia Elvetica, Capolago Canton Ticino, 1840 p. 262.

Monti A., La Compagnia di Gesù in territorio della Provincia Torinese, Chieri, 1915, pp. 383-385

Lepori M., Faide. Nobili e banditi nella Sardegna Sabauda del Settecento, Viella, Roma 2010 p. 149 Nota 89.

Panzino A., in "Coracensis, 6, 2003-2004" p. 26.

Patatu C., Chiaramonti. Le Cronache di Giorgio Falchi, Studium Adp, 2004, pp. 296-297.
Zambrano Gonzalez J., Cultura funeraria popular en Espana y su presencia historiográfica, Universidad de Granada s. d.

Zichi G. (a cura di), I quinque libri. Inventario, Parrocchie Foranee della diocesi di Sassari, edizioni Gallizzi, 1994, p. 147, 165, San Matteo Chiaramonti.

Idem Fondo Arcivescovile, Clero Diocesano. Inventario vol. I tomo I Parrocchia San Matteo pp. 209, 339. Anno 1999.

Vulpes G., Nobili e notabili del Nord Sardegna, bozze di stampa, Ittiri, 2021.

Un grazie di cuore a tutti i compaesani e non che ci hanno chiarito usi e costumi funerari e altri passi di questo scritto. Un particolare ringraziamento al Conservatore della memoria del paese Carlo Patatu.

Ultimo aggiornamento Sabato 10 Luglio 2021 13:05
 

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