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Adiosu Antoninu Rubattu |
Domenica 24 Marzo 2019 15:13 |
Studioso appassionato della lingua sarda, poeta e divulgatore, ha tradotto in limba, in ottave, l’Iliade e l’Odissea; ha pubblicato pure un vocabolario sardo in 6 volumi e, ultimamente, uno studio accurato inerente a Sa faeddada de Sènnaru di Carlo Patatu Se ‘è andato ieri Tonino Rubattu. A Sassari, in un letto d’ospedale. Nato a Rodi (Grecia) 81 anni fa, per il resto ha sempre vissuto a Sennori, di cui è stato sindaco dal 1975 al 1983. Laureatosi in materie letterarie, ha dedicato gran parte della propria attività culturale allo studio della lingua sarda, ritagliandosi, fra gli specialisti della materia, uno spazio autorevole e conquistando grande prestigio, marcato da numerosi e qualificati riconoscimenti. Fra le sue prime opere la traduzione in ottave in sardo logudorese dell’Iliade e Odissea. Poi ha speso parecchi anni per la redazione di un’opera monumentale, pubblicata alcuni anni or sono: Il dizionario Italiano-Sardo in sei volumi. Il suo ultimo lavoro, portato a termine di recente, riguarda Sa faeddada de Sènnaru. Ha diretto per un decennio la rivista S’Ischiglia, contribuendo alla diffusione della produzione poetica e letteraria in limba. Ha fatto parte di una infinità di giurie in occasione di premi di poesia e non solo in diversi centri dell’Isola. Da tempo non godeva buona salute. Di recente ha pure sofferto di una diminuzione grave del visus, il che gli ha impedito di proseguire, con la lena che gli era usuale, l’attività di ricerca e di studio nel campo della linguistica sarda. Io l’ho conosciuto quand’ero sindaco (1970/75), a Roma, al Ministero dei Trasporti, piazza della Croce Rossa, presso l’ufficio dell’on. Salvatore Cottoni, sorsense, socialdemocratico e all’epoca Sottosegretario. Tonino faceva parte dello staff della segreteria di quell'uomo politico. Nella circostanza, stringemmo un’amicizia che poi è durata nel tempo. Per alcuni anni ha fatto parte del Lions Club Castelsardo, dal quale si è poi dimesso perché oberato dagli impegni di studio e divulgazione della lingua sarda. Ma, soprattutto, perché la redazione del suo dizionario assorbiva pressoché per intero le sue energie residue. Che già scarseggiavano per via di alcuni disturbi che lo affliggevano. Nel partecipare al lutto dei suoi familiari con un abbraccio affettuoso, mi piace ricordarlo ai lettori pubblicando, di seguito, alcune ottave dell’incipit dell’Odissea:
Cantigu primu 1 – Invocazione e argumentu de su Poema
Musa[1], chi de poetas tenes cura, a mie puru l’ammustra su sinu, pro chi d’Ulisse[2] su tristu destinu nerza a sa Sardigna, e-i sa pura dulche ‘oghe de Omero[3] divinu Campdanu l’intendat e Gallura. Longa est s’istrada e aggiudu imploro pro t’onorare, Musa ‘e Logudoro.
2 Zedit Troia a su grecu ingannu poi ‘e s’esser de gloria ‘estida finit sa gherra e-i sa dipartida pro dogni coro est cunfortu mannu. De sa cuntierra zessadu s’affannu de nou paret cominzet sa vida! Su pensamentu como est unu solu: torrare a domo lestros, che a bolu!
3 Milli terras visìtan sos Eroes ca de Ulisse est cussu su disizu: però non ponen mente a su consizu de non toccare sos candidos boes sacros a su Sole[4], e nd’ha fastizu! (Lettore, contr’a Deos non bi podes!). Tronos e lampos lis mandat s’Eternu: Ulisse solu iscampat a s’Avernu[5]!
4 In domo sua ch’est dogni soldadu godinde in paghe santa su reposu. Solu a Penèlope[6] mancat s’isposu, solu Telemacu[7] orfanu est restadu. In su d’Ogigia[8] s’Eroe ch’est dadu, ue Calipso[9] nd’hada amore e gosu. Bella est sa dea e bellu est su logu: Ulisse pranghet e cussu est s’isfogu!
Segue…
Cfr. ANTONINU RUBATTU, Odissea – Poema omericu in ottava rima sarda-logudoresa, Ediziones 3T, Casteddu 1979, pagg. 3-4
[1] Sas Musas, fizas de Giove e de Mnemosine, fini noe. Deo puru, assegundende s’usanzia greca, invoco sa Musa de sa Poesia épica, Calliope, pro chi m’azzuet a cantare s’impresa de Ulisse. [2] Ukisse – Su coraggiosu, intelligente e muizu re de Itaca, Eroe prinzipale de su Poema. [3] Omero – S’immortale cantore de sa gherra de Troia (Iliade) e de sas avventuras de Ulisse (odissea). Fit zegu. [4] Sole – Divinidade giamada puru Iperione. Sas trailas suas fini sacras e pasculaìan in Trinacria, sa Sicilia de oe. [5] Avernu – Si regnu de sos Mortos. Fit puru giamadu Ade, Erebu, Tartaru. [6] Penèlope – Fiza d’Icariu, reina de Itaca. Muzere fidele de Ulisse. [7] Telèmacu – Su giovanu e coraggiosu fizu de Ulisse e de Penèlope. [8] Ogigia – terra fantasiosa da-e calecunu localizzada in una de sas isulas de Malta. [9] Calipso – Fiza de Atlante. Istaiat in s’isula de Ogigia.
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Ultimo aggiornamento Martedì 26 Marzo 2019 12:24 |
Sono stato buon amico e, in un certo senso, collaboratore di Tonino Rubattu, di cui ammiravo la grande passione e lo smisurato amore per la cultura sarda a tutto tondo. Abbiamo tenuto insieme una decina di conferenze e l'ultima risale a qualche anno fa, quando a Castelsardo abbiamo presentato insieme la stupenda raccolta di poesie di Giuseppe Tirotto intitolata: “Erami andaddi cantendi".
L'anno scorso ci eravamo visti a casa sua per un lavoro da svolgere nella biblioteca comunale di Sennori, cui non potè partecipare proprio per motivi di salute. La troppa dedizione al suo lavoro, soprattutto al monumentale vocabolario, aveva minato la sua salute. Soffriva soprattutto per l'abbassamento della vista. Nell'ultimo periodo ci siamo sentiti qualche volta per telefono e avevo notato la perdita della brillantezza che lo caratterizzava.
Più di trent'anni fa abbiamo partecipato insieme, all'insaputa uno dell'altro, a un concorso nazionale di poesia a Roma, organizzato dall'ACRASE. Lui vinse il primo premio ed io mi classificai al secondo posto. La cerimonia si svolse al Teatro Tenda con ospite d'onore Salvatore Stangoni, il Galletto di Gallura, ma Tonino non venne alla premiazione. Lessi io la sua poesia vincitrice, ma non ricordo il titolo né della sua né della mia.
Qualche anno dopo pubblicò in s'Ischiglia una poesia, che mi aveva colpito molto, intitolata: “Ulisse est torrende” in cui immaginava l'ottimistico ritorno dell'Ulisse sardo per “cancarare sas manos a chie sa terra sua at profanadu”. Lui si rifaceva all'Ulisse di cui aveva descritto le favolose imprese in Lingua Sarda. Io gli avevo risposto con una poesia meno ottimistica, intitolata: “Ulisse non podet torrare”, affidandomi all'immagine di Ulisse descritta da Dante che perde la vita nelle Colonne d'Ercole. Discutemmo a lungo sulle due poesie e lui, pur non condividendone il contenuto, ne riconobbe il valore poetico e la pubblicò di sua iniziativa sulla rivista S'Ischiglia di cui era allora direttore.
Nel rinnovare le mie condoglianze ai familiari, che ho già provveduto a porgere personalmente in camera mortuaria, mi sento di affermare senza retorica: Tonino è stato un grande personaggio per la Sardegna. Un artista studioso poliedrico e appassionato, competente e capace, instancabile e tenace. Ora si trova in buona compagnia a discorrere di cose sarde nell'infinito.