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Catania bella ed elegante, ma… |
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Domenica 18 Giugno 2017 17:58 |
Una città ricca di monumenti e di una cultura antica, langue affogando nel disordine, imbruttita dalla sporcizia e dai comportamenti poco ortodossi dei catanesi; ma anche di chi catanese non è di Carlo Patatu Torno sempre volentieri a Catania. E non solo perché qui ho i miei affetti familiari (mio figlio Wladimiro, mia nuora Stefania, gli splendidi nipoti Giovanni e Carla), ma anche perché è bella, vivace, elegante, ricca di stimoli sul piano culturale, accattivante sul versante dei sapori. Colori e profumi intensi, il mare e la montagna. Che si vuole di più? Eppure questa città m’induce a sentimenti contrastanti: fascino e indignazione, incantesimo e rabbia, ammirazione e sdegno. Insomma, tutto e il contrario di tutto. Il salotto di piazza Duomo e della parte bassa dell’elegante via Etnea ti lasciano col fiato sospeso. Sia di giorno che di notte. Il sole ormai estivo illumina con luce abbagliante e mette in bella evidenza i palazzi settecenteschi e i monumenti che ne costituiscono le quinte. Una illuminazione discreta e soffusa li impreziosisce di notte, delineandone con garbo i contorni e i particolari che li rendono unici.
In queste aree centrali della città ogni cosa appare in ordine: marciapiedi e strade puliti, con cestini per la raccolta dei rifiuti a portata di mano un po’ ovunque. Così pure in via Libertà, via Vittorio Veneto, viale delle Province e zone adiacenti. Ma poi basta svicolare un po’ qua e un po’ là perché tutto cambi. Via Messina, per esempio, che, partendo dal prestigioso corso Italia, finisce nei pressi di Ognina, sul mare. Qui, come pure nelle strade che vi si immettono c’è sporcizia per ogni dove; i marciapiedi sembrano votati ad accogliere esclusivamente cartacce, autoveicoli in sosta selvaggia e cacche di cani a miriadi.
Ma a riconciliarti con questa città bella e contraddittoria, ricca di teatri, esposizioni e librerie, ci pensano i catanesi. Nei negozi, nei ristoranti, nei caffè e un po’ dovunque ti accolgono con gentilezza e cordialità che raramente hanno riscontro altrove. E che non manifestano alcunché di servile. In breve, ti fanno sentire a casa. Ti coccolano e si spingono perfino a dirti di non pagare il conto, se quanto servito non risulta di tuo gradimento.
Che gente straordinaria! E allora perché mai questa gente subisce una tale mutazione non appena si rinchiude in una scatola di latta e tiene un volante fra le mani? Resterà per me un mistero, se qualcuno non saprà darmene ragione, un giorno o l’altro.
Quegli stessi luoghi, posti a ridosso della monumentale fontana dell’Amenano, nelle ore pomeridiane si trasformano decisamente. Un po’ come avviene in certi quartieri di Parigi. Tanto da diventare irriconoscibili. O quasi. Pronti per accogliere un nuovo spettacolo che si consuma nella serata incombente. Scomparsi chioschi e bancarelle, ripulita a dovere la pavimentazione, spariti scatolami e cartacce, banditi gli odori molesti, spuntano, non si sa bene da dove, decine e decine di tavolini con tanto di tovaglie multicolori fresche di bucato e circondati da sedie, pronti ad accogliere i clienti che a mano a mano affollano la zona.
A questo punto, che fai?
Senza pensarci su due volte, ti lasci coinvolgere, scegli un angolo, ti accomodi e ti affidi alle raccomandazioni dello chef. E fai pure bene, perché hai modo di gustare di tutto un po’, apprezzando così l’ottima e fantasiosa cucina siciliana. Ma anche il conto, il cui importo (il che non manca mai di stupirmi) è d’importo inferiore a quanto ti aspetti. |
Ultimo aggiornamento Lunedì 19 Giugno 2017 10:36 |