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Santa Giusta l’altro ieri – II parte PDF Stampa E-mail
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Giovedì 05 Maggio 2016 00:00

Un tempo la chiesa campestre a lei intitolata era raggiungibile soltanto a piedi, a cavallo o in carro a buoi; ora ci si va comodamente in automobile

di Carlo Patatu

La domenica mattina si celebrava la messa solenne. Cantata e col panegirico di un prete venuto da fuori.

Ad assistervi erano per lo più forestieri: soprattutto nulvesi, ploaghesi, martesi. I pochi chiaramontesi presenti erano, in genere, legati a un voto. A una prommìssa. Da sciogliere preferibilmente riportando in paese, a piedi o a cavallo, enormi stendardi abbondantemente infiocchettati e con al centro l'effigie della santa. Un fiocco per ciascun anno, a ricordare ogni singola prommìssa.

Finita la messa e ricevuta la benedizione di rito, i cavalieri, già in sella e riuniti in gruppo sul sagrato, con un inchino collettivo indirizzavano al simulacro della santa un ultimo saluto:

A un’ater’ànnu mèzus, si Dèus chèret!

Quindi s’incamminavano sulla strada del rientro e giungevano in paese verso mezzogiorno, passando per Spurulò e immettendosi poi nella strada statale, non ancora asfaltata. Giunti a Su Domàniu, lanciavano i cavalli al galoppo sfrenato, in una sorta di gara a chi tagliava primo il traguardo ideale, che la tradizione poneva all’altezza della casa parrocchiale.

Non c’erano premi da assegnare al vincitore: bastava e avanzava la soddisfazione di aver surclassato i concorrenti in una competizione tanto singolare. La gente si assiepava ai lati di quello che oggi è il viale Brigata Sassari, per assistere alla galoppata straordinaria e festeggiarne il vincitore. Se poi vi era incertezza nel decretarlo, in assenza di fotofinish i primi due o tre si sottoponevano a una sorta di ballottaggio, ripetendo la galoppata da Su Domàniu fino al traguardo.

I fantini non erano sempre di prim’ordine. E nemmeno le cavalcature che, solitamente madide di sudore, sbavavano dalla bocca schiuma in abbondanza. E con ragione, povere bestie: avevano già percorso, sotto il sole e a passo spedito, circa cinque chilometri. Per tutti i presenti, cavalieri e pubblico, quello era un appuntamento eccitante. Molto eccitante.

Niente festeggiamenti cosiddetti civili in occasione di quella sagra campestre. Niente poètes o cantadòres, né orchestrine con balli in piazza. Immancabili, invece, la bancarella di tìu Pazòla, mitico torronaio originario di Sennori ma trapiantato a Ploaghe, e la postazione del tiro a segno scalcinato di tìu Antòni Bòe, ploaghese anch'esso. Più qualche baracca con mescite rustiche di vino, bibite e birra. A temperatura ambiente; e cioè tiepide. In fin dei conti, il tutto si riduceva a una magnifica, indimenticabile scampagnata. Ma era tanto bello così.

Come contorno, nessun corteo di automobili, peraltro pochine, all’epoca. E comunque non avrebbero potuto raggiungere la chiesa campestre per l’impercorribilità della carrareccia che la collegava al paese passando per Spurulò.

Il simulacro miracoloso di santa Giusta restava collocato stabilmente dentro la nicchia della chiesa, in campagna. Lo si portava in processione soltanto in occasioni del tutto straordinarie, per richiedere alla santa vergine e martire un intervento propiziatore della pioggia, nelle stagioni di grande siccità. Che non mancava nemmeno a quel tempo.

Ero chierichetto e frequentavo ancora le elementari quando il parroco Dedola[1], sollecitato con insistenza dai fedeli, si risolse di malavoglia a portare in corteo la statua della santa fino in paese. Per impetrare la pioggia e scacciare sa siccàgna malaìtta[2] che, in quell’anno, si era rivelata particolarmente infausta per coltivazioni e greggi. Vi partecipò l’intero paese. O quasi.

I fedeli, salmodiando rosari e portando a braccia la statua lignea, coprirono in un paio d’ore il percorso fino alla chiesa parrocchiale, dove l’anziano prete, esausto e senza fiato, faticò non poco a intonare il Veni creator[3].

Sennonché le invocazioni, reiterate più volte durante il lungo percorso e la novena che ne seguì in paese, si rivelarono del tutto inutili. La pioggia non cadde. O meglio, si fece viva molto più in là; quando si crearono le condizioni ideali e non allorché faceva comodo a chi la reclamava con tanta insistenza.

Risultato? Un disastro. Soprattutto per la gente di campagna.

Pertanto nessuno si sentì in dovere di riportare a casa il simulacro di santa Jùsta bèlla[4]. Che se ne stette forzatamente paese fino alla vigilia della tradizionale sagra di Maggio. Al trasferimento, ma questa volta in forma privata e non solenne, rimediò un gruppo di persone legate a una prommìssa.

(2 fine)

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Nota:

Il testo è tratto da un mio libro di prossima pubblicazione intitolato Il paese che non c’è più.

 


[1] Cfr. CARLO PATATU, Scuola Chiesa e Fantasmi, Su Vicariu, ed. Gallizzi, Sassari 2007.

[2] La siccità maledetta.

[3] Veni, creátor Spíritus, / mentes tuórum vísita, / imple supérna grátia, / quæ tu creásti péctora. (Vieni, o Spirito creatore, / visita le nostre menti, / riempi della tua grazia / i cuori che hai creato), salmo che implora l’intervento dello Spirito Santo.

[4] Con questa espressione le si rivolgono i fedeli.

Ultimo aggiornamento Lunedì 31 Luglio 2017 14:36
 
Commenti (1)
1969-1° Comitato Automobilisti
1 Giovedì 05 Maggio 2016 16:45
c.coda

Ho ritrovato un'annotazione parrocchiale della prima festa di Santa Giusta, Patrona degli Autisti, scritta da don Giovanni Maria Dettori nel 1969:


” 7/18 maggio 1969 Il 1°Comitato dei festeggiamenti in onore di S. Giusta Patrona degli Autisti, ha voluto quest'anno far mutare volto a questa celebrazione. D'ora innanzi la Festa dell'Assunzione si svolgerà come segue: il sabato sera, dopo la messa, la Statua, collocata su un camion, sarà scortata dalle macchine sino a Chiaramonti, ove sarà ospite, dopo un giro nel paese, nella Chiesa Parrocchiale sino all'indomani. Un corteo di macchine riaccompagnerà la Santa, con un analogo giro entro il paese, alla sua chiesetta, dove verrà celebrata la Messa e detto panegirico. I promotori di questa iniziativa sono: Brunu Gregorio Presidente - Satta Antonio -. Migaleddu Giuseppe – Satta Tonino – Porru Antonio – Caccioni Salvatore – Barrocu Giov. Vincenzo – Piseddu Gavino – Satta Pietrino – Cherchi Giulio.


"Speriamo che tale simpatico omaggio abbia lunga durata negli anni”.


Di anni ne sono trascorsi 47 e... la storia continua!

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