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Ciao Massimo, amico mio PDF Stampa E-mail
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Martedì 20 Agosto 2013 22:40

di Carlo Patatu

Ho letto, da qualche parte, che la caduta di un albero lascia uno squarcio nel cielo. La scomparsa di un amico, invece, lascia un vuoto nel cuore. Un senso di smarrimento difficile da governare. Specie quando l’amico sceglie lui l’ora della dipartita.

Massimo Schintu se n’è andato Domenica mattina, lasciando attoniti, impietriti, increduli familiari, parenti, amici e quanti, per diversi motivi, avevano avuto modo di conoscerlo e di rapportarsi con lui. Per lavoro o altro.

A me, che l’ebbi compagno fedele e scanzonato di tante avventure giovanili, a dispetto dei dieci anni che vantavo su di lui, piace ricordarlo allegro, le labbra schiuse al sorriso, la battuta salace pronta a diradare i momenti drammatici. Che, anche fra amici, non mancano mai. E che non sono mancati, appunto.

Mi piace ricordare il Massimo adolescente, ancora impacciato con le coetanee che non mancavano di manifestargli interesse e simpatia. E col quale compare Ciondolo e io, avvalendoci dello status di “anziani” della brigata, non fummo mai avari di stimoli e suggerimenti. Anche se lui, poi, faceva un po’ a modo suo. Com’era giusto che fosse.

Ma dietro il sorriso, aperto e persino contagioso, manifestava talvolta momenti di velata tristezza. Retaggio, forse, di trascorsi infantili non sempre lieti. Aveva poco più di due anni quando perdette il padre. E lui, il minore di una nidiata di sette figli, risentì non poco della mancanza della figura paterna.

Sua madre, zia Maria, fisicamente minuta e apparentemente fragile, nella circostanza si rivelò una roccia granitica, dotata di una forza impensabile, degna di un gigante; con la determinazione di un profeta biblico nel crescere i figli e, in seguito, quattro dei cinque nipoti nati dalla sua primogenita Pinuccia, scomparsa in giovane età.

Fu sua madre a forgiarlo nel carattere e a incoraggiarlo nel corso del lungo apprendistato svolto da Massimo nell’officina del proprio cognato Battista Falchi. Divenne meccanico. Un fior di meccanico: competente, ostinato nella ricerca delle soluzioni ai problemi che gli si prospettavano, pignolo fino alla esasperazione. Insomma, una persona affidabile.

Ebbi modo di trascorrere con lui, insieme al gruppo ristretto di amici comuni, momenti fra i più belli della mia giovinezza. Frequentammo insieme sale da ballo fino a ore antelucane e trattorie improbabili che praticavano prezzi stracciati. Andammo insieme alla scoperta di spiagge esclusive e poco frequentate nelle coste della Gallura. Marciando a piedi per sentieri accidentati, lui, compare Ciondolo, mio fratello Tore e io esplorammo Caprera e Maddalena. Le gite in barcone nell’Arcipelago non c’erano, allora.

Raggiungevamo Palau di buon mattino, a bordo della mia Seicento sgangherata. Non essendoci ancora un servizio di traghetti, con un’operazione che mi fa rizzare i capelli solo a pensarci, marinai volenterosi quanto incoscienti caricavano l’autovettura sul “Cucciolo”, un barcone di legno che, in tempi remoti, era stato un peschereccio.

Il nostro capolavoro fu un campeggio memorabile di una decina di giorni in Corsica. Porto Pollo di Propriano, golfo di Valinco, con una puntatina ad Ajaccio. Pochi soldi e tanta, tanta allegria. Compare Ciondolo e io eravamo i cuochi. Massimo, Tore, Gigi Burrai e Pietrino Brundu si occupavano di lavare le stoviglie e di rifornirci d’acqua. A tempo perso, essi andavano alla ricerca di bottiglie abbandonate di Coca-Cola e Fanta, che poi presentavano al rivenditore e ne incassavano il deposito cauzionale. D’obbligo, a quel tempo, per talune marche di bibite. Un modo fantasioso e originale per finanziare gli extra di quella vacanza.

Finiti i tempi delle scorribande giovanili e impiantata una moderna officina meccanica insieme al socio-amico Gregorio Cossiga, prese moglie e mise su casa.

Attento e sensibile da sempre alle problematiche sociali e alle vicende del paese, non era tipo da starsene a guardare. Si candidò alle amministrative del 1975 e fu eletto assessore fino al 1980. Riuscì, con molta determinazione, a mettere insieme gli impegni del lavoro e quelli del Comune; a onorare i doveri verso la comunità senza trascurare la famiglia.

Ma, col passare degli anni, Massimo prese gradualmente a intristirsi. A chiudersi in se stesso. A disertare persino l’amata officina. A diradare la frequentazione degli amici. Che, è certo, non avvertirono o non compresero (io per primo) “gli avversi numi e le secrete cure che al viver (tuo) suo furon tempesta”. (1)

In breve, era diventato un’altra persona. Il sorriso dell’uomo buono che era, le battute allegre e puntuali, la partecipazione alle serate conviviali festose e chiassose restarono un ricordo e nulla più. La fotografia sbiadita di una stagione felice che ormai si era chiusa. Finita. Per sempre.

E così un’incredibile telefonata mattutina, in una Domenica afosa di Agosto, mi ha annunciato la sua scomparsa. Massimo se n’è andato. In solitudine e a conclusione di un calvario che posso soltanto provare a immaginare. Fortunatamente per me, senza riuscirci.

Addio, amico mio. Ti ricorderò, finché la memoria mi assisterà, come il ragazzone pacioso, simpatico, sincero, disponibile al gioco e allo scherzo, il padre affettuoso, il professionista serio, l’amministratore sensibile e oculato.

Mi mancherai. Ci mancherai. Che la terra ti sia lieve.

 

(1) - Cfr. Ugo Foscolo, "In morte del fratello Giovanni".

Ultimo aggiornamento Venerdì 30 Agosto 2013 16:47
 
Commenti (1)
Riposa in pace Massimo!
1 Giovedì 22 Agosto 2013 11:58
N. Scanu

La sua vita, da quanto leggo ha avuto risvolti tristi e mi riferisco alla perdita di suo padre in tenera eta’ e della sorella. La sua scelta finale, appresa poche ore prima del mio rientro a Londra, mi ha scioccato.


La mente umana e’ la parte piu’ intrigata da decifrare. Difficile da capire.


Un abbraccio ai familiari e ai suoi amici.


NS


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Colpevolmente da parte mia, ho dimenticato di citare la scomparsa, in giovane età, di un'altra sorella di Massimo, Lidia. Bella quanto sfortunata, colpita giovanissima da un male che l'ha costretta a letto per molti anni e che poi l'ha accompagnata alla tomba. (c.p.)

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