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Castro e sas cumbessías |
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Venerdì 26 Aprile 2013 12:48 |
di Claudio Coda
A venti minuti d'auto, proprio qui vicino. Nella vacanze pasquali ho accompagnato i miei nipotini a visitare il compendio di Madonna di Castro, antico centro abitato di dimensioni consistenti in epoca giudicale, e sede episcopale. Luogo di preghiera e di organizzazione ecclesiale. Ma non solo. Castro, Castra secondo il toponimo tradizionale, o Crasta (in limba), è area collinare di confine dei territori dell'Anglona e del Monte Acuto e contigua all'altura di San Simeone, antica base logistica medievale - Luguido -, dove esistono testimonianze di resti di fortificazioni militari (la dinastia dei Doria era presente).
Crocevia di un castrum, uno snodo commerciale dove le attività artigianali, ai tempi, erano fiorenti: fabbri e maniscalchi per assistenza convogli di carri, scambi di prodotti cerealicoli, stazione ristoro e cambio cavalli e animali da traino. Un corridoio obbligato per lo smistamento dei prodotti diretti verso Terranova (Olbia) e il mare; all'incontrario, per il centro Sardegna.
E qui si incrociavano i percorsi di Ossana (Tula) per Su Sassu e il territorio dell'Anglona; direzione per il Limbara, dalle alture del Monte Acuto. Qua i ruderi del castello omonimo, governato nel 1237 da Adelasia di Torres e dove, si narra, morì. Altri, viceversa, indicano il Castello di Burgos. Anche nel vicino Monti, resti del castello di Crasta (seconda metà del 1200), costruito anch'esso sotto la dominazione dei Doria, ma lì è già Gaddùra.
Tutta l'area in esame era ed è zona di confine appunto con la Gallura, al tempo posseduta da Ubaldo di Gallura, consorte di Adelasia, che ne prese rilevanza strategica militare e commerciale, decretando così la caduta di Castro e spostando le popolazioni verso Oschiri, Tula, Berchidda e la vicina Bisarcio.
Giusto il desiderio, ma confesso che la visita al villaggio Tiscali
Alla prossima!
Non che se ne trovi traccia nel nostro castello dei Doria.
Ora non ritengo di poter precisare e soffermarmi nella cronistoria dei tempi successivi, all'incirca cinque secoli, piuttosto ricchi di storie e avvenimenti e dove cospicui sono gli scritti di ricercatori e studiosi, ma con sommaria sintesi, riassumendola bignanamente, tutto il territorio nella prima metà dell'800 è interessato dalle iniziative delle chiudende.
Quell'editto promosso da Vittorio Emanuele I, che non fu pubblicato a causa dei moti del 1820-1821 (lo fece Carlo
Accreditando la tesi degli amabili othieresos, dell'uno o dell'altro che fosse, questo canto esprime l'opinione comune contro sos prinzipàles e cavagliéris, che proprio a Ozieri eccedevano. Ma tutto loro anche il soprannome: cavagliéris de braghètta.
Dove invece è presente il pannello turistico-illustrativo è a Castro, nella chiesa-cattedrale: iniziata da Mariano I Giudice di Torres nel XII sec., consacrata diocesi e retta dal frate camaldolese Attone che la governò dal 1162 al 1176; per ultimo, il francescano Antonio Torres. Nel 1503 Papa Giulio II, con bolla pontificia, soppresse la dioecesis Castrensis inglobandola in quella Othanensis (Ottana) prima, e poi in quella Algarensis (Alghero).
Da qui la decadenza.
È lo storiografo G.F. Fara, arciprete turritano del 1500 e attento studioso dei condàghi, nel suo Sardiniae chorographia, ne dà cenno. Argomento ripreso poi da Alberto Della Marmora nell'Itinerario dell'Isola di Sardegna (nell'isola dal 1824).
L'edificio ecclesiale è di piccole dimensioni, in pietra trachitica rossa squadrata, non certo “cattedrale” come indicata nei condàghi, dedicata a Santa Maria e forse ricostruita nel medesimo luogo, ma di dimensioni ridotte. Tesi accreditata dalla presenza di mura con aperture ben definite anche nel manufatto. Sul lato sinistro del frontespizio,
Il profilo di facciata è a capanna, coronato da archetti pensili, tripartito da lesene e torretta campanaria a due luci; portale centrale architravato con lunetta sovrastante a tutto sesto. Due monconi di colonne fanno ala al portale a significare cristianamente l'ingresso ad un luogo sacro, com'erano le steli per i nuragici: a loro il compito simbolico di indicare l'ingresso ad una vita ultraterrena.
L'interno, unica navata, rispecchia la muratura esterna; la copertura lignea a capriata; nell'area presbiteriale un altare in legno policromo di fattura fine '700, con al centro la statua lignea dell'Assunta. A parete, una bacheca dove è presente una pergamena con scritto anonimo datato 1883, chissà, forse un “gòsos” (*), in onore della Venerada de Crasta.
Tutt'intorno mura e le cumbessías (cumbissías - cummissías – qumbissías), casette in muratura rivolte verso l'interno della corte. Massimo Pittau indica le cumbessías come locali riservati ai “conversi” (da conversos di epoca medievale), ambienti dormitori adiacenti alle chiese per il rito dell' incubazione in attesa di qualche sogno annunciatore, che poi verrà spiegato dai sacerdoti del romitorio.
L'insieme, raccolto e decoroso, invita ad una riflessione contemplativa; ma non andateci nei giorni delle feste. Perdereste la bellezza dell'eremo. --- (*) nota: gosos Nostra Signora de Crasta, Venerada in sa campagna de Oschiri, 1882
Già ch'isteris destinada Dae Deus Protettora Difendidenos Signora Dae Crasta intitulada.
Bois sezis sa Beata Virgine Santa, e pura, Ch'umana dezis natura Pro su Verbu, e sempre intata, Essende cun vera data D'ogni culpa liberatda.
Pro torrade a s'innocenzia De bellu e candidu lizu, Cuncepezis unu Fizu Chi fit vera Sapienzia, Benignidade, e clemenzia Distinta, e sempre esaltada.
Grabiele bos poriesit Su consolante annunziu, Giusta a s'antigu prenunziu, Su sinu bos fecundesit; E in coro bos lassesit Sa bella gemma adorada.
Custa dezis a su mundu Pro cumprire su riscattu, Ei s'Eternu satisfattu Restesit tottu giucundu, Confinende in su profundu Sa serpente avvelenada.
S'allegrant como sos giustos! Esultant sos peccadore! In sa Rughe sos errores S'isburresint cun disgustos, Ridonendenos sos gustos De sa die fortunada.
De s'antiga sede e Crasta Sezis bois Padrona E pro custu bos intonan In iscala meda vasta, Esser pura mama, e casta De Gesus Immaculada.
Est pro custo chi s'afflittu Curret a bois dolente, E sempre su penitente Già sin nde torrat contrittu Non curende caldu, o frittu Chirchendebos Avvocada.
Ancora sas parturentes Bos invocant pro cunfortu, E fatta seguru portu, Bos ringrassiant commoventes, Fattende votos ardentes De bos tenner sempre amada.
Pro mediare ogni male Sezis pronta meighina, E probatica pischina De sa Tipica Reale Essende sa prinzipale Funtana sempre famada.
Tottu current prontamente A cust'Altare Sagradu Ch'est su logu fortunadu In ogni affannu presente Luego, e subitamente Ogni grassia est accansada. |
Ultimo aggiornamento Sabato 27 Aprile 2013 12:09 |
Ho avuto modo di visitare questo bellissimo sito qualche anno fa, grazie a Giampiero Unali e al suo amico Giorgio Pala. In quell’occasione, i due amici peraltro mi diedero la possibilità di organizzare, proprio lì, un concerto a solo con un chitarrista giapponese.
Saluti cari, NS