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Stile architettonico della parrocchiale di Chiaramonti (V parte) PDF Stampa E-mail
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Domenica 30 Dicembre 2012 00:00

di Piersimone Simonetti

Pubblichiamo il testo integrale della relazione svolta nella sala del Consiglio comunale di Chiaramonti dall’architetto e storico dell’arte moderna dott. Piersimone Simonetti in occasione delle celebrazioni del primo centenario (1888-1988) della edificazione della chiesa parrocchiale di San Matteo apostolo ed evangelista.

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La chiesa parrocchiale di San Matteo in Chiaramonti fu eretta su progetto dell’ingegnere sassarese Domenico Cordella, a partire dal 1880. I lavori condotti dall’impresa Obino di Sassari furono ultimati nel 1886 e la consacrazione avvenne nel 1888.

Successivamente si decise di arricchire l’interno di una tribuna per organo e cantori e il progetto fu redatto dall’ingegnere Eugenio Serra nel 1900.

Si prevedeva di utilizzare una struttura lignea invece che in ghisa al fine di contenere i costi, ma al progetto fu dato seguito più tardi in struttura lignea anche se con la ristrutturazione del 1965-70 fu eliminata.

Il sito ove sorge la chiesa è in accentuata pendenza: l’asse maggiore della chiesa, che in pianta corrisponde ad un rettangolo è perpendicolare al senso del pendio cosicché il fianco a valle risulta assai più basso di quello a monte, con un dislivello di circa un metro e mezzo.

Sul fronte della chiesa questo è denunciato dalla scalinata di accesso in cui gli scalini vanno a morire sul terreno nella parte a monte. È strano che dei due fianchi quello a monte sia rinforzato da contrafforti, corrispondenti alle campate interne, mentre staticamente sarebbe stato più logico che questo fosse stato nella parte a valle a controbilanciare la massa muraria nel suo appoggio sul terreno; ed infatti il fianco a valle presenta una certa bombatura dovuta ad un cedimento strutturale.

A prosecuzione del lato a valle sorge il campanile, segnale della presenza ecclesiale e contrappunto una parte emergenza della seicentesca torre campanaria sulla sommità del colle di San Matteo già sede di un’antica rocca dei Doria e della torre del vecchio mulino a vento nel colle di Codinarasa.

La facciata ha superfici ad intonaco scandite e fortemente sottolineate da membrature e profilature in trachite grigio-oscura.

La bicromia appare discendere da suggestioni dell’architettura romanica isolana, di derivazione toscana; è frequente in Sardegna l’uso della trachite perché di facile reperibilità “in loco” accostata ad altro materiale più chiaro, lapideo come il calcare o intonaco.

In questo caso un’accentuazione di caratteri di ascendenza romanica è dato dalla facciata a capanna fortemente cuspidata, tipico delle chiese romaniche di Puglia in cui la parte superiore è ornata da arcatelle pensili a seguire le linee inclinate della falde; questo è motivo che la apparenta alla austerità della chiesa di Sant’Ambrogio a Milano.

La facciata è scompartita orizzontalmente da un marcapiano lavorato a toro, verticalmente da lesene appiattite realizzate con conci di trachite grigio-oscura squadrata; questa suddivisione corrisponde a quella interna a tre navate. La parte inferiore della facciata ha al centro un portale aggettante, ad evidenziarlo, ma non tanto da renderlo protiro.

Ai lati dell’ingresso le zoccolature laterali sorreggono da ogni parte una parasta con capitello a grandi foglie nervate ed una breve colonnina con capitello a motivi di tralci e pampini; le due colonnine proseguono e si ricollegano in una arcatura a bastone rinforzate da arcature variamente sagomate, poggianti sulle paraste.

Nella parte superiore, al centro, al di sopra di un elemento orizzontale ornato da motivi circolari a bottone, è un rosone che illumina l’interno ed ha il suo pendant in uno di eguale dimensione che sovrasta il presbiterio.

Nella parte superiore i due motivi stellari laterali, che sembrano quasi una stella di David, ma qui ottenuta dalla sovrapposizione di due quadrati invece che da due triangoli, insieme alla severa bifora centrale, ingigantimento della rappresentazione iconografica delle tavole della legge costituiscono quasi un richiamo all’ architettura delle sinagoghe, immediatamente negato dalle due croci greche alla sommità delle due lesene che scompartiscono la facciata.

I pilastri laterali della facciata che girano sui fianchi sono snelliti dall’incavamento dello spigolo, terminante in alto in unghiatura; e il motivo è ribadito dall’ astragalo dell’ aggetto delle lastre di coronamento della facciata.

Anche il campanile riecheggia motivi architettonici romanici nella severa fattura a conci di trachite.

Nella specchiatura di intonaco ad arco estremamente allungato ritroviamo lo stesso motivo a stella della facciata.

All’interno la pianta basilicale è suddivisa in tre navate, di cui quelle laterali sono in larghezza molto più limitate rispetto a quella centrale in un rapporto di 1:2,5 circa.

L’aspetto assai sobrio dell’interno è deciso da precisi rapporti geometrici. Le navate sono suddivise in tre campate: nella navata maggiore risulta ordinatore della pianta il quadrato della campata centrale, ai cui vertici stanno snelle colonne di trachite. Le colonne, pur presentando una perfetta circolarità che dalla base rigonfia nell’entasi[1] si va affinando in alto nel punto in cui sorreggono i capitelli, hanno rocchi[2] assai diseguali come spessore; questo testimonia probabilmente la difficoltà di cavare blocchi regolari al momento dell’erezione della chiesa, mentre sembra più ardua l’ipotesi che provengano da materiale di spoglio.

Superiormente alle colonne i quattro allungati capitelli compositi assai ornati con motivi vegetali variati in cui si distinguono tra le altre delle foglie d’acanto, dà uno slancio alla copertura a vela. Ai vertici delle altre campate troviamo pilastri o semipilastri addossati alle murature, sormontati da capitelli di eguale fattura in un gioco dei rimandi fra gli uni e gli altri.

Pilastri e semipilastri, realizzati in calcare e ricoperti da scialbature[3] fan si che oggi si perde il gioco cromatico originario: la campitura[4] chiara delle pareti intonacate su cui risaltava il colore dorato della pietra calcarea è la nota più intensa della trachite rosso oscura delle colonne, isolate nello spazio interno.

L’altro elemento cromatico oggi mancante è quello della pavimentazione, un tempo in ardesia oggi sostituito da un marmo grigio di poco effetto e contrasto.

L’aula termina con un profondo presbiterio a pianta rettangolare, sottolineato da archi in fuga con quelli della navata centrale cosicché lo spazio viene allungato prospetticamente. Il presbiterio risulta leggermente sopraelevato rispetto all’aula, oggi vi è un’interruzione visiva dato dal blocco del pulpito marmoreo che è stato in parte recuperato dalla posizione in cui era intorno alla seconda colonna destra della navata centrale anche se tale posizione era certamente nata in seguito all’edificazione della chiesa sia per diversità di materiali che per mancanza di integrazione fra l’uno e l‘altro elemento.

In ogni navata laterale sono due altari in marmo grigio di gusto marcatamente neoclassico ed anzi mutuati da esempi canoviani.

Come si vede, una chiesa in cui confluiscono elementi diversi provenienti da diversi stili architettonici.

Questa è una caratteristica di molte opere della fine del secolo scorso quando la preparazione delle accademie di belle arti tendeva a dare agli allievi la sicurezza nell’uso degli stili più divisi spesso come in questo caso commisti fra loro. Succedeva addirittura che venissero proposte esercitazioni di progettazione in stile egizio o gotico o rinascimento.

È chiaro che è anche, come per tutti i periodi di transizione, un motivo di sicurezza la possibilità di riferirsi ad un repertorio vastissimo che può essere utilizzato e saccheggiato con estrema disinvoltura.

Dunque uno stile composito codificatosi tanto da meritarsi un nome tutto suo: lo stile Beaux Arts in cui certamente la predominanza è data da elementi classicisti, di derivazione rinascimentale e più antica; ed è questo l’aspetto che più marca l’interno della chiesa di San Matteo.

Altre istanze, allora modernissime, sono completamente assenti: per intenderci il liberty nascente è sideralmente lontano; i prodromi di questo stile che cominciavano lentamente a delinearsi non erano ancora arrivati in provincia e l’aspetto di questa chiesa ne è la conferma.

5 - Continua. Il prossimo intervento sarà pubblicato Domenica 06.01.2013.



[1] Rigonfiamento della colonna, specialmente dorica, a un terzo della sua altezza, partendo dalla base

[2] Rocchio: in una colonna di pietra composta di più pezzi, ognuno degli elementi cilindrici che costituiscono il fusto

[3] Scialbatura, sostantivo non comuna: azione e risultato dello scialbare; imbiancatura.

[4] In pittura, il fondo di un dipinto con un colore distribuito in modo uniforme

Ultimo aggiornamento Sabato 29 Dicembre 2012 20:34
 

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