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L'Olimpo? È a Monteleone Rocca Doria |
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Martedì 18 Ottobre 2011 00:03 |
di Carlo Patatu
Fra le cose di cui ho da vergognarmi, una la posso raccontare. Sia pure con una punta di rossore sul viso. Fino a qualche giorno fa, non avevo mai messo piede a Monteleone Rocca Doria. Non avevo mai visto, nemmeno da lontano, quel paesetto appollaiato su uno splendido acrocoro.
Quand'ero sindaco (1970-75), ebbi occasione di conoscere il mio omologo di quel Comune. Un vecchietto simpatico e ciarliero che, nel corso di un incontro in prefettura in occasione di una delle ricorrenti crisi idriche, perse le staffe e diede del buffone al Prefetto. Lascio immaginare quel che ne seguì.
Il desiderio irrefrenabile di andarci mi ha assalito dopo la lettura del bel libro di Bernardo De Muro "Ai piedi dell'Olimpo, tra sogno e racconto". L'autore descrive con penna efficace quei luoghi e la gente che ci vive. Non mancando di esternare sensazioni ed emozioni che suscitano nel visitatore quel pugno di case e ciò che le circonda.
"L'apnea di vertigine" di cui parla De Muro mi coglie appena incomincio a percorrere i due chilometri di tornanti incisi sul versante dell'acrocoro, incorniciati da fichidindia ormai maturi. Quella serpentina mi porta dritto alla piazza. Impreziosita dalla chiesetta tardo-romanica a due navate e da un giardino rigoglioso.
Seduto su una panchina a godersi l'ombra ristoratrice, in una giornata ottobrina di sole ancora estivo, incontro un anziano allevatore. Mi fermo a scambiare con lui quattro chiacchiere. Gli chiedo qualcosa del paese.
Appena sufficienti a riempire due pullman.
Non ho modo d'imbattermi negli "otto corvi e il piccolo falco" che hanno stregato l'autore del libro. Sarà per un'altra volta. In compenso, visito il Museo del Pane. Un gruppo di giovani donne, mettendo a frutto gli insegnamenti delle loro nonne, si sono specializzate a produrre "su pane picadu". I pani che, quand'ero bambino, anche da noi si facevano in occasione di ricorrenze particolari; s'isposaliziu, su battijimu, su cozzulu 'e s'ou pro Pasca, Sos Santos.
Falesie "rocce parlanti, alberi, mandrie, pascoli", il lago sottostante e l'austero Monte Minerva a vigilare su quelle meraviglie della natura. Tutt'intorno, un silenzio irreale. Come dice De Muro, a Monteleone la vita è anche “un sogno e un azzardo”.
Insomma, l'Olimpo è qui. Non so se ci sia ancora Giove. Ma l'Olimpo c'è. Giuro! Per visitare la galleria d'immagini, cliccare qui.
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Ultimo aggiornamento Martedì 18 Ottobre 2011 20:23 |
Detto questo, dopo aver visitato un paio di domus de janas prossime alla casa di caccia, mio nipote mi ha rifilato il libro di Angelo Rusani Doppiu, edito da Opoer prime, dal titolo più che mai significativo: Dal Villaggio Nuragico di Nurkara al Comune di Villanova Monteleone. Uno studio serio e documentato sulle vere origini di Villanova, che la storia ufficiale ritiene essere stato fondato dai fuggitivi di Monteleone Roccadoria dopo appunto la famosa battaglia.
Io ho il primo volume, dalle origini al medioevo: preistoria, protostoria, storia, tradizioni, usi, costumi, religione e lingua.
Ma la lettura riserva tantissime sorprese. Condivisibili o meno, secondo il proprio punto di vista. Io lo trovo interessantissimo e molto, molto in linea con il mio modo di vedere e di pensare la storia sarda.
Credo non possa mancare nel vostro stimabilissimo sito.
Un saluto
Nunzio Isoni
ho inviato senza la 'anteprima' di lettura. E quindi è fatale che qualche disattenzione di scrittura scappi... Ma la cosa più bella è stata 'ritornare' sull'argomento e sulle reciproche "carezze" di parola. A presto. Bernardo
Caro, carissimo Carlo Patatu,
si, sono proprio io, l'autore di "Ai piedi dell'Olimpo tra sogno e racconto". Ed è giunto il momento di confessare a fronte alta il mio rossore: soltanto oggi leggo questa bella pagina, lei o tu che si rammarica di non "aver mai messo piede su questo Olimpo". E che anche grazie ad un libro - il mio appunto - la 'ripresa' del fiato è stata più facile e più immediata.
Grazie, caro, carissimo Carlo Patatu.
Ma poi, chi conosciamo già?
Ricordo con viva simpatia la sera che a Chiaramonti presentai - in forma più o meno drammatica, da 'leggio' - davanti ad un bel pubblico, ad una schiera di chiassosi volatili e di tanti monelli che se la giocavano alla grande. In tanti se ne lamentavano, di questi 'monelli'. Ma io, cambiando tema e registro ho detto loro che siamo stati noi a 'disturbare' i bambini che giocavano. Il loro diritto alla gioia e al moto libero e spontaneo. Ne ho ricavato qualche applauso in più...
Mi fermo qui perché temo che la connessione a internet salti all'improvviso, ma mi riprometto di continuare a farmi vivo con te o con lei, non so.
Un caro, carissimo abbraccio. Bernardo o Bernardo De Muro che nel frattempo ha scritto altri due libri: Elogio del poeta e, buon ultimo, SILENZI che martedi 30 u.s. ho presentato - sempre in forma di concerto - all'Aula Magna dell'Università degli Studi di Sassari con il 'Magnifico Rettore' come relatore... E' andata bene, la serata.
Speriamo che più che l'applauso potrà la memoria...
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Tu, tu, carissimo. Diamoci del tu. I giovani ci hanno insegnato anche questa pratica, che conferisce maggiore levità al discorso e dona immediatezza al colloquio.
Niente scuse, per favore. Io sono in debito per quella bella serata e l'ancor più bella lettura. Che, lo ripeto, mi ha quasi obbligato ad ascendere quell'Olimpo. E' stata, per me, una giornata stupenda e una sorpresa inimmaginabile. Di ciò ti sono grato.
Congratulazioni e auguri per la nuova produzione. Vedrò di procurarmi quei libri, che leggerò con interesse.
Un abbraccio. (c.p.)
Una ulteriore testimonianza di un minuscolo paese che non ha perso "il senso del proprio passato vitale".
Nella foto n° 28 in basso a destra è riconoscibile il nostro (intendo proprio di Chiaramonti) pane picadu e ischeddadu, con la caratteristica lavorazione a testina d'uccello, che compare in alcune pubblicazioni riguardanti il pane.
Complimenti alle donne che hanno riprodotto fedelmente tanti pani di zone diverse della Sardegna ed anche a te Carlo per queste immagini belle e istruttive.
Saludos Domitilla
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Grazie a te. Manderò il pezzo, con foto e testimonianze, alle ragazze di Monteleone. Che sono brave e, soprattutto, molto entusiaste del lavoro che fanno; e dal quale, mi hanno detto, traggono non poche soddisfazioni.
Saludu meda. (c.p.)